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Presentazione

L'uomo deve sentire che vive in un mondo che per certi aspetti è misterioso; che in esso avvengono e si sperimentano cose che restano inesplicabili, e non solo quelle che accadono nell'ambito di ciò che ci si attende. L'inatteso e l'inaudito appartengono a questo mondo.

( C.G. Jung )

Al momento di scrivere alcune pagine di presentazione sul nostro gruppo di studio, ci siamo riuniti come al solito, per tratteggiarne le linee.
Non ci è sembrato inizialmente difficile poter ripercorrere le tappe dei nostri incontri degli ultimi due anni, la scelta dell'aggregazione fra noi, i motivi dell'argomento di studio, il nostro conoscerci da sempre, l'amicizia, la relativa facilità con cui abbiamo lavorato al tema della "Possessione".
Quasi contemporaneamente però abbiamo dovuto prendere coscienza che ciò che non rendeva difficile tutto questo, era in verità una storia più antica, un più antico conoscerci, una più antica aggregazione e non solo una recente storia di due anni.
Da un punto di vista storico il nostro primo nucleo analitico di appartenenza, il Gruppo di Psicologia Analitica di Firenze, si era infatti costituito nel 1968 per scissione dall'Associazione Italiana per lo studio della Psicologia Analitica (AIPA), gruppo Junghiano di Roma riconosciuto a livello internazionale, ed aveva cessato la sua attività nell'autunno del 1974, anch'esso per conflitti interni fra i vari membri.(1)
Da allora sono passati vent'anni e molti fatti si sono succeduti. Sappiamo bene che scissioni e secessioni hanno sempre contraddistinto la vita di quasi tutti i movimenti analitici.
Storicamente il primo trauma della psicoanalisi si consumò al n° 19 della Bergasse, in quel mitico circolo viennese che faceva capo a Freud e coincise con la secessione di Adler, Jung e Steckel. In conseguenza di questo evento, Freud scrisse "History of the Psychoanalitic Movement" (1914).
I motivi delle secessioni, crediamo che da allora abbiano più o meno motivazioni analoghe e invariate.
Gli allievi, i discepoli di un tempo, male accettano il ruolo di "autorità intermedie" ed altrettanto male accettano i loro maestri come "indiscussi garanti dell'ortodossia del sapere". E' una storia vecchia, è una storia di distacchi, è una crisi necessaria alla crescita, quasi un percorso psichico che se ben dialogato e ben elaborato può essere assimilato ad un vero processo di individuazione.
Le perdite, i distacchi, ".......rappresentano la rinuncia ai nostri sogni di relazioni ideali e l'accettazione che la realtà umana è fatta di rapporti imperfetti".
".... Analizzare la perdita significa accorgersi di quanto essa sia inestricabilmente legata alla crescita. E cominciare a rendersi conto di come le risposte alla perdita abbiano forgiato la nostra vita, può essere l'inizio della saggezza e di un cambiamento ricco di promesse"(2).
Vengono alla mente i bellissimi significati che ha nella lingua greca antica la parola krisis (crisi):

Separazione - Discordia - Contesa
Scelta - Decisione
Esito - Successo

Ci sembra in questo momento mentre scriviamo che la nostra formazione analitica più bella, quella che più ci preme raccontare, sia stata in fondo questo poter navigare attraverso le "separazioni", le "contese", le "scelte" e gli esiti delle scelte.
Psicologo analista o psicoterapeuta non è certo colui che scolasticamente sa analizzare un sogno, interpretare un transfert, determinare un setting.
Siamo grati ai nostri maestri del Gruppo di Psicologia Analitica di Firenze di averci consentito più e meglio di altri di dibattere in modo produttivo e profondo tutti i conflitti che la nostra storia di uomini e di analisti ci ha presentato.
Ed è solo grazie a questo se oggi siamo qui, ancora insieme, di età diverse fra noi e di generazioni analitiche diverse, ma tutti provenienti dallo stesso nucleo formativo, a riconoscerci nella stessa matrice teorica e umana e a lavorare sul tema di questo numero della Rivista.
Matrice teorica e umana che ci ha permesso nel 1985, insieme a molti altri colleghi, di ricostituirci in Associazione, il CRIPT (Centro di Ricerca sull'Intervento Psicoterapeutico) di cui tutti noi facciamo parte. E' stato un altro progetto verso il viaggio "labirintico" della "ricerca", che ha la sua idea mitica portante nel concetto infinito di :

Nascita - Morte - Rinascita
Vita - Morte - Vita.

Come scrive Eliade, "......un labirinto è la difesa a volte magica di un centro, di una ricchezza, di un significato.
Penetrare in esso può essere un rituale iniziatico, come si vede grazie al mito di Teseo. Questo simbolismo costituisce il modello di qualsiasi esistenza la quale, attraverso una quantità di prove, avanza verso il proprio centro, verso se stessa, l'Atman, per usare il termine indiano..... A più riprese ho avuto coscienza di uscire da un labirinto o di trovare il filo. Mi ero sentito depresso, oppresso, smarrito ... E' questa un'esperienza che tutti hanno conosciuto. Ma bisogna anche dire che la vita non è fatta di un solo labirinto: la prova si ripropone".(3)

Negli anni di rivisitazione dei nostri incontri di gruppo abbiamo dovuto sforzarci, come col filo di Arianna nel labirinto, di evitare la minaccia di perdere di vista l'unità della nostra storia, il centro, a favore di singoli fatti, frammentati e senza significativa via di uscita.
Riguardo poi alla nostra ricerca sulla "possessione", per rimanere se vogliamo per analogia in un tema labirintico, d'accordo con Kerényi, siamo consapevoli di non aver potuto risolvere il conflitto fra Mistero e Problema che l'argomento porta insito in sé.

"Un problema si deve risolvere e, una volta risolto, scompare.
Il mistero invece deve essere sperimentato, venerato; deve entrare a far parte della nostra vita. Un mistero che possa essere chiarito, risolto con una spiegazione, non è mai stato tale. Il mistero autentico resiste alla spiegazione: non tanto perché si sottragga all'esame ricorrendo allo stratagemma di una doppia verità, quanto perché non può, per sua natura, venir spiegato, sciolto razionalmente".(4)
In questo senso non abbiamo mai voluto in questi scritti, neanche in quelli di altri autori che ci sono sembrati in qualche modo pertinenti e che abbiamo raccolto e inserito, dare delle spiegazioni, coscienti che se come nella "Storia di R.", abbiamo tentato di affrontare il problema toccando alcuni punti di vista psicologici, abbiamo certo lasciato aperto il mistero.
Il labirinto del nostro argomento è archetipico e primordiale. Una spiegazione, sia pure quella psichica, ad un tema che evoca da solo forme e situazioni, se insistita, avrebbe forse infranto l'elemento fondamentale.
Possiamo quindi solo offrirlo al lettore per proporlo, per evocarlo, per tentare di raccontarlo, più come un tema che ci ha presi, scelti, afferrati, staremmo quasi per dire "posseduti", piuttosto che come qualcosa che noi, operatori della psicologia del profondo, abituati spesso a dare interpretazioni, abbiamo scelto di "possedere".


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Introduzione

Bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante. Io vi dico: voi avete ancora del caos dentro di voi.

(F. Nietzsche)

"Nella terminologia psicologica, "possessione" significa che un complesso o qualche altro contenuto archetipico si è appropriato della personalità dell'io, ovvero che ne ha assunto la direzione, l'ha occupata. Poiché possessione e assoggettamento sono sinonimi, l'io è oggetto di un vero e proprio "colpo di stato". A causa della forza e dell'ostinazione del sintomo nevrotico o psicotico, l'individuo è privo di scelta e impotente a disporre della sua volontà.
Charcot ebbe a dire al tempo della sua ricerca: "che i sintomi isterici sono le conseguenze di certe idee che hanno preso possesso del cervello del paziente". Da qui secondo Jung, Breuer prese le mosse per dar corpo a una teoria sulla quale poi Freud ebbe a dichiarare che essa "coincide con l'idea medievale di possessione, una volta che una formula psicologica abbia sostituito il demonio della fantasia dei preti".(5)
"Nel suo trattato De divinatione daemonum, scritto tra il 406 e il 411, Sant'Agostino espone i privilegi che i demoni hanno mantenuto della loro natura angelica. Creati all'origine del mondo, molto prima degli uomini, dispongono di una lunghissima esperienza, e di grande sapienza. Inoltre il loro corpo etereo, né veramente materiale né del tutto spirituale, conferisce loro una prodigiosa celerità e una sottigliezza per cui possono introdursi dappertutto, anche nel corpo e nello spirito degli uomini. Essi hanno, per esempio, "il potere di provocare persino le malattie, di rendere l'aria malsana, e di suscitare nei pensieri degli uomini certe visioni immaginative, tanto nella veglia come nel sogno". I demoni sono i signori del sogno, che perciò l'Alto Medioevo ha considerato con infinito sospetto".(6)
"Dopo il riconoscimento da parte di Freud, nella nevrosi moderna, di caratteristiche analoghe alla possessione medievale, la freudiana interpretazione dei sogni si presentava come un tentativo di investigare sulle cause alla radice di tale possessione. Tale approccio alla psiche posseduta, secondo Jung, era volto a detronizzare l'occupante o l'agente repressore; in quanto tale, esso gli appariva ammirevole ma limitato".(7)
"Giustamente U.Galimberti sottolinea questo limite nel freudismo quando scrive: Da Eraclito a Goethe, la natura ama nascondersi. Con Freud l'itinerario che si dischiude porta a scoprire il nascondimento segreto. L'ipotesi è illuministica, la categoria che la presiede è il progresso della civiltà sulla natura, la metafora che fa da sfondo è il colonialismo. Dov'era l'Es, deve subentrare l'Io". L'inconscio non è eterna creatività di forme, spettacolo per sempre nuovi spettatori, ma landa da civilizzare, terra disponibile per le opere della ragione".(8)
"La psicologia di Jung punta alla funzione terapeutica più ardita lasciando campo libero al simbolico e al religioso, con l'idea che una simile energia irriducibile e non quantificabile produce la "restitutio ad integrum" dell'essere.
Si è dunque nel pieno significato di re-ligo e di syn-ballein: legare, attaccare, mettere insieme; che dai latini al medioevo riconduce l'uomo al Dio vivente, con pietà. Con il processo di individuazione l'Io razionale è ricondotto, con pietas, a ri-legarsi con l'anima, con la psiche inconscia o mondo irrazionale che sia, con l'Ombra, con l'aspetto primario di sauro, con gli istinti, e insomma con le più abissali ambivalenze pulsionali".(9)


Note

  1. La storia del Gruppo di Firenze è ampiamente descritta in, La danza degli archetipi - Sicuteri R., Cicali C. A., Bigazzi D., Tirinato A., Barillaro B., CUEN, Napoli 1989.

  2. Viorst J. - Distacchi , Frassinelli editore, Milano 1987.

  3. Eliade M. - L'épreuve du labyrinthe, Paris 1978 (trad. ital. Milano 1980), in Kerenyi K., Nel Labirinto, Boringhieri, Torino 1983, pagg. 132/135

  4. Kerényi K. - Nel Labirinto, Boringhieri, Torino 1983. pagg. 71/73

  5. Samuels A., Shorter B., Plaut F - Dizionario di psicologia analitica, Cortina Editore, Milano 1987.

  6. J.C. Schmitt - Medioevo Superstizioso , Universale Laterza , Bari 1992, pagg. 21/22

  7. Samuels A., Shorter B., Plaut F - Op. Cit.

  8. Galimberti U. - Quel tosto Arturo tra vita e verità, da "Il Sole 24 Ore", Domenica 14/10/90.

  9. Cicali C. A., Sicuteri R., Tirinato A., Barillaro B. - Terzo Millennio: L'uomo simbolico-religioso come via alla "salus", Atti Congresso Internazionale di Semiotica del Testo Mistico, L'Aquila, 24/30 Giugno 1991