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Il testo introdotto dalla nona immagine non è dello
pseudo-Lullo ma è attribuito ad Arnaldo da Villanova e si chiama Rosarius: ecco
perché la miniatura raffigura le rose (Figura 9). Ma la rosa doro è anche il dono
che i papi, in età tardo medievale e rinascimentale portavano alle città dove si
trovavano in visita, cioè è il segno del passaggio del sacro. La rosa doro è
anche il simbolo della perfezione materiale viva (fiore) e incorruttibile (oro). Viene
spontaneo laccostamento con quel Segreto del fiore doro, testo di
alchimia taoista tradotto da Richard Wilhelm negli anni 20 del nostro
secolo e commentato da Jung, testo nel quale a un certo punto si dice "quando col
tempo lopera è compiuta, è come se in mezzo al non essere ci fosse un
essere". Fin qui abbiamo visto che cosè lalchimia; ora vediamo come
si rapporta lalchimista col sociale, chi è lalchimista nel suo mondo.
La decima immagine ci mostra che lalchimista, lalchimia
interessa ai re (Figura 10).
Il personaggio sulla destra è chiaramente un re perché ha la corona;
e si può anche riconoscere con esattezza chi è, perché è il destinatario della copia
di dedica del Testamentum pseudo-lulliano, Edoardo III dInghilterra. Ma non
è affatto lunico sovrano medievale che si interessi di alchimia: sono tanti coloro
che se ne interessano, ed in particolare i sovrani si mostrano interessati alla parte
metallurgica perché pensano di coniare moneta con loro alchemico. Da qui nasce il
problema degli alchimisti come falsari, che si collega a tutta una problematica giuridica
che tuttavia è articolata e complessa. Cè una tradizione, che è radicata
addirittura in un breve passaggio di Tommaso DAquino nella Summa theologiae
in cui si dice che "se gli alchimisti mediante lopus riuscissero a fare
delloro vero, coniare moneta con quelloro non sarebbe peccato, sarebbe
lecito"; su questa posizione si allineano diversi giuristi.
Un caso emblematico di rapporto fra lalchimia ed il potere regio si ha
nellInghilterra del primo 400: lalchimia è proibita fino a che, dopo la
fine della guerra dei Cento Anni, le finanze inglesi sono distrutte. A quel punto il re
Enrico IV comincia a dare delle deroghe al divieto che uno dei suoi predecessori aveva
istituito, e comincia a dare il permesso a singoli alchimisti, come mostrano i documenti
dellarchivio inglese pubblicati nei Patent Rolls. Ci sono una serie di
lettere-patenti che dicono pressa poco: il tale può esercitare lalchimia,
purché lo faccia ovviamente per me, sotto la mia giurisdizione. Quando poi gli alchimisti
non riuscivano - le tecniche di saggiatura delloro erano già ben conosciute e si
poteva benissimo vedere che quel che veniva fuori dalle loro manipolazioni non era oro -,
se non fuggivano i sovrani erano pronti a gettarli in galera e anche a ordinarne la messa
a morte.
Quindi le vicende degli alchimisti col potere sono controverse.
Interesse da una parte, per una potenza che si avverte in questo sapere e che viene
interpretata letteralmente come potenza di fare ricchezze pressoché dal nulla;
dallaltra parte diffidenza e quindi pronto castigo. Esemplare è a leggenda di Lullo
alchimista, che avrebbe fatto loro per il re Edoardo ma, poiché questi
lavrebbe usato per combattere i Cristiani anziché i Saraceni (scopo per cui Lullo
lo aveva fatto) lalchimista si oppone al re e di conseguenza viene messo in galera:
anche se poi proprio nel carcere si narra che gli succedono cose meravigliose, riceve le
rivelazioni degli Angeli... però è in galera.
Nella successiva figura (Figura 11) vediamo invece che lalchimista
ammaestra i dottori e i filosofi; dunque lalchimia non come potere, ma come sapere .
Lalchimia si coniuga fra il 200 e il 300 con il sogno del farmaco
universale che nasce allinterno della ricerca medica e farmacologica, forse
sulleco di ricerche orientali di cui Ruggero Bacone a Oxford poteva ben essere a
conoscenza e che trova ascolto anche nella curia papale.
Cè infatti molta attenzione da parte dei pontefici, dei
cardinali per il farmaco che ringiovanisce, per il farmaco che mantiene il corpo
efficiente. In un mondo cristiano non si può pensare al farmaco dellimmortalità in
senso stretto perché questo sarebbe hybris eccessiva, ma si pensa ad un farmaco
che consenta di vivere - dicono gli alchimisti - fino al termine ultimo stabilito da Dio,
evitando tutte le cause di morte precoce. Questa ricerca del farmaco alchemico come
medicina, panacea e elixir contro tutti i mali, sfocia in una applicazione della
distillazione alla ricerca farmacologica, a metà del 300, con il francescano
Giovanni da Rupescissa che è uno dei precedenti di Paracelso della ricerca iatrochimica
di Paracelso. Ciò che spiega perché i medici rinascimentali sono interessati a questo
sapere.
Nella dodicesima immagine il medico che stringe la mano allalchimista è una persona
particolare: è Arnaldo da Villanova, che compare in una versione della leggenda di Lullo
alchimista, in cui si dice che Arnaldo sapeva fare la distillazione ma non ne conosceva il
quadro di riferimento alchemico. Quando questo gli viene insegnato dallalchimista i
due diventano socii, condividono la stessa ricerca, e a questa comunanza di
interessi allude il fatto che si stringono la mano in gesto amichevole (Figura 12).