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Nella quinta immagine vediamo lalchimista che fa
unoperazione curiosa, sta tingendo dei rami. Il riferimento immediato è alla parte
di testo che ora comincia e che si intitola "rami della tintura", cioè la parte
del testo che tratta del tingere. Questa espressione ci riporta alla parte
manuale in senso stretto, artigianale dellalchimia, a ciò per cui lalchimia
si definisce ed è definita una ars, non nel senso di unarte estetica ma di
una techne, cioè di un fare materiale.
Lalchimia è infatti una ricerca sui materiali e perciò ha piena legittimità
concepire lalchimia anche come una madre della chimica o protochimica, come una
ricerca dalla quale poi discendono anche i procedimenti scientifici della chimica. In
questa ars, appunto il momento culminante si definisce tingere, perché la compenetrazione
di perfezione che lelixir opera sulle cose con cui viene messa a contatto è analoga
a quella con cui una piccolissima quantità di principio del colore, per esempio della
porpora diluita e lavorata e trattata in un certo modo, riesce a imbibire una grossa
quantità di materiale grezzo, per esempio di stoffa. Ora però questi rami che
lalchimista sta tingendo sono rami di palma e la palma è un albero simbolico
dellimmortalità, che come vedremo ricorre in unaltra immagine che
incontreremo fra poco. Dunque questo suo tingere non è solo il tingere del tintore, ma ha
un doppio livello di lettura: e del resto in un testo dellalchimia dellelixir
contenuto anche in questo manoscritto, il Rosarius attribuito ad Arnaldo da
Villanova, la tintura è paragonata allanima che, portata dallacqua-spirito,
imbeve il corpo materiale, rendendolo perfetto.
Nella sesta figura vediamo invece un altro aspetto che è quello della
cottura e del raffinamento, della separazione delle impurità dal materiale grezzo. Questa
è una delle miniature più misteriose della serie (Figura 6), perché questo materiale
grezzo è raffigurato con due facce umane, chiaramente, ma come vedete sono due
tartari, che allepoca in cui viene scritto il Testamentum (più
che a fine 400, quando vengono fatte le illustrazioni) sono i popoli assolutamente
al di fuori della civiltà. Questa immagine perciò dice due cose insieme: una è che
metalli, minerali, esseri viventi, sono tutti una parte dellunità del tutto. I
metalli, dice un frammento attribuito ad Ermete, sono anche essi animati, sono dotati di
vita; ecco perché degli esseri umani possono raffigurare i metalli posti nel fuoco a
purificarsi.
Il testo a cui questa iniziale dà lavvio si apre dicendo che la purificazione che
avviene nel fuoco dellalchimista fa sollevare delle nubi nere piene di mostri, che
sono le impurità che si allontanano dalla materia prima che è stata messa nel fuoco.
Dunque il fuoco è presentato come lo strumento dellalchimista, e la materia prima
è esemplificata da queste due teste umane ed il nero delle impurità dai mostri (chimere,
bestie strane e mitologiche che stanno allontanandosi).
Dunque col fuoco lalchimista separa le componenti di una
sostanza, le componenti impure, e poi distilla, cioè fraziona una sostanza nelle sue
varie componenti.
La settima immagine si riferisce alla distillazione vera e propria, cioè
non ad un lavoro fatto a partire da una materia prima minerale, ma ad una materia prima
che è chiaramente il vino (perché cè un torchio: Figura 7).
Infatti questa iniziale si riferisce al Liber de secretis naturae, che è un testo
sulla distillazione della quinta essenza, distillazione della essenza incorruttibile,
luminosa, che sta nel cuore di tutte le cose ma che meglio di tutte si estrae come
dicono lo pseudo Lullo e il francescano spirituale Giovanni da Rupescissa nel 1350 -
proprio dal vino. Il vino infatti deriva dalluva, dal frutto che racchiude in se
stesso il calore vitale del sole; e attraverso questa serie di trasformazioni (sole, uva,
vino, quinta essenza) lopera dellartefice ottiene il principio vitale, che nel
calore del sole è racchiuso e che è il principio quintessenziale, la quintessenza della
realtà elementare.
Che il frutto dellopus sia lanima dei metalli, o che sia la quinta
essenza del vino, è uno il principio di perfezione, che racchiude in sé due
caratteristiche: è "incorruttibile", sia che sia fatto raffinando metalli, sia
che sia ottenuto dal vino. La quintessenza è un prodotto che invece - dice Giovanni da
Rupescissa - è sovraelementare, non si corrompe, non è né freddo né caldo né umido
né secco, ma ha le funzioni di tutti gli elementi, di cui è radice unica. Ma, oltre ad
essere il principio della perfezione, questo prodotto è un principio dinamico, perché
questa perfezione che possiede può generarla in ciò con cui viene in contatto, dunque ha
in se stesso un dinamismo di ordine vitale per cui cresce e si diffonde.
E chiaro allora che ciò che è stato ottenuto nellopus alchemico è
ununione degli opposti, della vita e dellincorruttibilità, o del dinamismo e
della perfezione incorruttibile.
Cè però un problema a cui gli alchimisti sono sensibili, alcuni
almeno: la distillazione, o comunque le operazioni alchemiche in genere, permettono
soltanto di estrarre il principio vitale dalle realtà materiali in cui è già presente,
o permettono di crearlo, di farlo manualmente? E una problematica che nei testi
arabi e nei testi latini si esprime con il privilegiare o meno, come materia prima
dellopus, sostanze che noi oggi definiamo organiche, oppure sostanze
inorganiche. Cioè da una parte piante, tessuti animali, per esempio il sangue, oppure
sostanze invece inerti, i metalli, i minerali.
Nellimmagine ottava, si vede lalbero della palma, che è
lalbero dellopus alchemico; in esso tutte le foglie di destra, cioè le
foglie sostituite da lettere, raffigurano i diversi stadi dellopus che il
testo descrive; alla base dellalbero cè un vaso.
Un vaso molto particolare: chi conosce la medicina medioevale vi potrà riconoscere un
orinale, e dunque il liquido che contiene è urina umana che è il principio,
la materia prima da cui si parte, secondo lalchimista che ha scritto questo testo,
il Liber de investigatione secreti occulti, per fare il lapis philosophorum,
perché si deve partire da una sostanza che abbia già in sé il principio della vita.
Questa però è lopinione di una corrente dellalchimia
dellelixir, perché altri alchimisti invece sostengono che si può partire da
qualunque sostanza, anche dai metalli, anche dai minerali, perché il principio vitale si
ottiene attraverso le manipolazioni, attraverso lestrazione dellanima (Figura
8bis).
Secondo questi ultimi alchimisti, lalchimia permette in verità di estrarre da
qualunque cosa, da qualunque elemento, da qualunque materia prima, lanima. Ed essa
è il filius, che lalchimista ha ottenuto dalla gravidanza della natura.
Cè un passo, che ricorre in diversi testi quasi con le stesse parole, in cui
lalchimista raccomanda al figlio: "quando avrai ingravidato la natura"
cioè quando avrai lavorato la terra e avrai seminato i semi della perfezione "aspetta
il parto perché è la natura che detta i tempi e non tu". Dunque si richiede
allartefice non latteggiamento prometeico, del fare che è dominio sopra la
natura, ma la capacità di interagire con essa, saper aspettare. Si richiede dunque
allartefice una virtù che è tradizionalmente una virtù femminile, ma che è anche
una virtù degli alchimisti: la pazienza cioè il saper patire, aspettare. È perché
lalchimista sa aspettare che la natura non è violentata dal suo intervento. È
perché lalchimista riconosce alla natura il suo ruolo di soggetto vivente che non
la riduce appunto ad un oggetto.