wpe3.jpg (25000 byte)

 

Sfera_verde.gif (257 byte)Torna a bollettini

Il corpo: esperienza
dello spirito

 

Il Mistero è rimosso, è uscito dalla realtà di un Io che ammette solo il visibile, ma ciò non significa affatto, in termini psicologici, che non appartenga più al campo dell’esistente. Il Mistero è esiliato dall’Io che lo ignora, alle porte del campo della coscienza, carico dell’energia emozionale tipica dell’inconscio, e con le caratteristiche tipiche della funzione negativa in cui è stato relegato; si manifesta cioè come elemento perturbante.

Come diceva Thomas Spidlik furono i greci ad inaugurare questa direzione, anche sul piano spirituale, quando traducendo le Sacre Scritture, sostituirono alla parola cuore la parola mente, privilegiando la vista all’ascolto. La vista, da allora, dominerà gradatamente la scena occidentale, espandendosi con la sua forte opzione oggettivante, sulla quale si fonderanno le scienze. Lo sviluppo unilaterale della vista ha portato alla svalutazione e alla rimozione di tutto ciò che non è visibile; ciò che sfugge perché nascosto viene sistematicamente chiarito, illuminato, reso visibile.

La conseguenza di questo atteggiamento estremizzante è che tutto ciò che per sua essenza è e sarà sempre irriducibile alla vista subisce una drastica rimozione. Di conseguenza il recupero del mistero rappresenta per l'uomo la possibilità di riequilibrare quell'Io sbilanciato dalla razionalità nel continuo tentativo di rendere sempre tutto chiaro, comprensibile, logico e spiegato.   Il mistero, l'inconscio e lo spirito dell'uomo pre-tendono che il percorso e l'obiettivo dell'uomo siano rappresentati dalla salus concetto che riallinea su percorsi paritari l'esperienza fisica e spirituale.

Il termine spirito dal latino "spiritum" dal greco "pneuma" e dall'ebraico "ruah" significa nella sua più antica accezione soffio animatore, respiro che dà vita a tutta la realtà. Viene a rappresentare l'aspetto non materiale che anima la persona vivente, ma anche lo stato che questa assume al di fuori di questa "realtà a tre dimensioni".

Dal Dizionario Etimologico alla voce spirito:

Oggi vorrei parlarvi dello spirito dell'uomo, di questa entità che lo anima e che lo spinge a fare esperienze e percorsi di consapevolezza che a mio giudizio restituiscono dignità ai pochi o molti anni di vita che l'uomo vive, direbbe Jung, in quest'intervallo conscio di un'esistenza a tre dimensioni. Ma non è la prima volta che affronto questo argomento come vi sarete resi conto anche dalle comunicazioni precedenti questa è sempre stata una mia passione. Partendo dalla prima comunicazione "Il mistero dell'esistenza individuale" attraverso l'Inno alla perla"…….vi ricordate il testo?

"Quando ero bambino e abitavo nel regno della casa di mio Padre e mi dilettavo della ricchezza e dello splendore di coloro che mi avevano allevato, i miei genitori mi mandarono dall’Oriente nostra patria, con le provviste per il viaggio. Delle ricchezze della nostra casa fecero un carico per me: esso era grande, eppur leggero, in modo che potessi portarlo da solo. Mi tolsero il vestito di gloria che nel loro amore avevano fatto per me, e il manto di porpora che era stato tessuto in modo che si adattasse perfettamente alla mia persona, e fecero un patto con me e lo scrissero nel mio cuore perché non lo potessi scordare: "Quando andrai in Egitto e ne riporterai l’Unica Perla che giace in mezzo al mare, accerchiata dal serpente sibilante, indosserai di nuovo il tuo vestito di gloria ..."

Attraverso il racconto ho voluto sottolineare come lo spirito che discende sulla terra si incarna e perde la Memoria della sua realtà e come solo attraverso la lettera, la chiamata, questo riesca a recuperare la Memoria del patto originario che portava scritto nel profondo del suo cuore.
Nello stesso intervento abbiamo visto anche come i sogni, che affiorano quando la ragione si ritira, abbiano il compito di risvegliare in noi il ricordo della perla per la quale siamo stati inviati.

A proposito del sogno Jung ne dava questa definizione:
"Il sogno è la piccola porta occulta che conduce alla parte più nascosta ed intima dell’anima, aperta sull’originaria notte cosmica che era anima assai prima che esistesse una coscienza dell’io, e che sopravviverà come anima a tutti i prodotti della coscienza dell’io, (…) che consta di pure limitazioni, anche quando si estende sino alle più lontane nebulose stellari. Ogni coscienza divide: ma col sogno noi penetriamo nell’uomo più profondo, universale, vero ed eterno, ancora immerso in quella oscurità della notte primitiva in cui egli era il tutto e tutto era in lui, nella natura priva di ogni differenziazione e di ogni "essere io".
Da una tale profondità, collegante il tutto, nasce il sogno, per quanto infantile, grottesco e anormale che sia."

In "Vocazione e iniziazione" abbiamo visto come sia difficile trasformare il disagio della mancanza in tensione simbolica verso l'unione interiore; e come l'incontro con l'altro abbia la possibilità di farci conoscere parti nostre e come «qualsiasi avvenimento che ci tocchi da vicino emotivamente, acquista, se interpretato come se fosse un sogno e quindi in modo simbolico, un valore di rivelazione, di introduzione in una realtà più ampia dove le relazioni non sono solo causali, ed il senso delle cose, della vita si allarga a dismisura.
Ogni avvenimento che mi colpisca emotivamente ha la possibilità di farmi riflettere sul senso della mia esistenza e di ricordarmi che io sono qui, ora, per "trovare la perla per la quale ero stato inviato". Ma abbiamo anche visto, attraverso un saggio di Eliade come le forze, comunemente dette demoniache, siano indispensabili all'evoluzione dell'individuo. Ed abbiamo proseguito il percorso fino ad arrivare nel "Luogo di Mezzo", nella psiche dove la tensione all’unione guida continuamente l’esperienza dell’uomo e contemporaneamente abbiamo visto come sia sempre presente, o meglio in agguato, il rischio di annullarsi nell’oggetto, nella lettera.

Il rischio di fuggire in alto o di cadere in basso equivale a considerare ancora lo spirito ed il corpo entità tra loro separate, ma l’individuo durante il suo percorso di vita dovrebbe riuscire a ridurre questa pericolosa oscillazione ed imparare ad abitare la psiche, quel luogo di mezzo dove lo spirito ed il corpo confluiscono in uno scambio continuo di relazioni.

Questo è un organo vero e proprio che interfaccia la spiritualità con la naturalità istintuale ed è in questa regione interiore che avvengono le celebrazioni dei misteri, è la camera nuziale in cui si consuma il matrimonio sacro; il tempio interiore dove la ragione lascia il campo all’intuizione; qui avviene la seconda nascita dell’iniziato, in questo luogo è custodita la Memoria della Perla per la quale siamo venuti.

Nel dizionario dei simboli la perla viene descritta come:

Semplificando al massimo, quindi tralasciando sicuramente sfumature importanti che cercheremo di vedere in seguito, mi sentirei di affermare che il senso dell'incarnazione consiste nel percorso che lo spirito, perduta la memoria di sé, deve affrontare per ritrovare la consapevolezza della sua vera natura.  Ma procediamo per gradi utilizzando il mito del "ventre della balena" già visto altre volte dalla parte dell'individuo e dell'eroe, ma mai esaminato dalla parte dello spirito.
Nella tradizione mitica è la rappresentazione della fase in cui l'uomo si isola dal mondo circostante nel tentativo di ritrovare se stesso. E' il periodo in cui ci si confronta con le immagini fondamentali e oramai trascorse dell'esistenza.
La balena, dopo aver ingoiato l'eroe si incammina lentamente verso Oriente (credo sia importante sottolineare la similitudine con l’inno alla perla: lo spirito che si incarna in Egitto viene da Oriente e la Balena nel suo percorso verso il rinnovamento si dirige ad Oriente, stabilendo così la circolarità dell’esistenza.) dove, in vari modi a seconda della tradizione, l'eroe fuggirà o verrà depositato rigenerato su di una nuova terra.

Questa parte del mito pone l'accento sul rinnovamento, sulla rinascita spirituale a cui è soggetto l'uomo che compie questa operazione di verifica di se stesso. L'isolamento permette all'individuo di entrare in contatto con le proprie ombre e attraverso la lotta, ed il confronto, di rinascere arricchito da quei contenuti non più rimossi. L'integrazione dell'ombra è la fase più importante e significativa di qualsiasi processo di individuazione. Ma il processo non si svolge solamente in senso positivo, esiste anche la possibilità che tutto crolli e che l'ombra vinca e che l'eroe resti prigioniero posseduto dalla Circe che si celava dentro di lui. E' un rischio che bisogna affrontare, non ci sono garanzie nella psiche; solamente l'io partorisce false garanzie acquisite dopo dolorosi patteggiamenti che prevedono rinunzie a parti interne e quindi rimozioni.
Alcune teorie dicono che lo spirito si incarna per evolvere, altre per riparare gli errori fatti nelle vite precedenti, ma comunque tutte contengono il senso dell'evoluzione; ma come potrebbe avvenire questa evoluzione viene da chiedersi, guardando le nostre vite che si dibattono in mezzo a mille difficoltà? Siamo abituati dalla tradizione collettiva a definire luce il bene e male lo scuro, la psicologia analitica parla di ombra rimossa, sentiamo che dentro di noi ci sono zone d'ombra che devono chiarirsi, un problema è oscuro e via di seguito sul filo della simbologia della luce e dell'ombra. La coincidenza di termini porta a pensare che ci si trovi in presenza di una realtà archetipica, come tale preesistente, cioè facente parte di una realtà antecedente a quella composta di tre dimensioni in cui stiamo vivendo questa esperienza psichica. Se lo spirito, deve evolvere conterrà al suo interno zone di ombra e di luce che gli consentano, attraverso queste differenze di stato, una tensione che lo porti al cambiamento. L'incarnazione, abbiamo visto, ha una funzione evolutiva; allora, queste sfumature di luce, intrinseche allo spirito, duplicate a livello umano, vengono a costituire la base psichica su cui l'essere umano poggia la sua esistenza e il suo rapporto con il mondo esterno. La perdita di Memoria della condizione spirituale permette allo spirito di ripartire da zero, dalla pagina bianca della nascita. Ma torniamo al mito del ventre della balena. 
Guenon nella sua opera - Simboli della scienza sacra - a proposito della balena dice: "La lettera Nûn, dell’alfabeto arabo, nelle sue corrispondenze simboliche nell’ambito della tradizione islamica rappresenta El-Hût, la balena; questa lettera ha anche il significato di pesce ed in particolare di pesce salvatore".   La balena è un simbolo del contenente, del periodo di oscuramento che corrisponde al passaggio fra due stadi, (...) rappresenta l’arca che contiene tutti gli elementi per la restaurazione del mondo dopo il diluvio". La lettera Nûn contiene questo simbolismo non solo nel significato, ma anche nella forma infatti "è costituita dalla metà inferiore di una circonferenza e dal punto che è il centro della circonferenza stessa. Ora, la semicirconferenza inferiore è anche la figura dell’arca galleggiante sulle acque, e il punto che si trova al suo interno rappresenta il germe che vi è contenuto o nascosto; la posizione centrale di tale punto mostra d’altronde che si tratta del germe d’immortalità, del nucleo indistruttibile che sfugge a tutte le dissoluzioni esterne (Immagine della perla dentro la conchiglia: Infatti le due valve che contengono la perla non sono altro che il raddoppio della lettera).  (...) Lo sviluppo del germe spirituale implica l’uscita dell’essere dal suo stato individuale, dall’ambiente cosmico che ne costituisce il luogo proprio, quest’uscita è anche l’equivalente dell’uscita dalla caverna iniziatica, la cui concavità è pure rappresentata da quella semicirconferenza del nûn. La nuova nascita presuppone necessariamente la morte al vecchio stato, che si tratti di un individuo o di un mondo; morte e nascita o resurrezione, sono due aspetti inseparabili l’uno dall’altro, poiché non sono in realtà che le due facce opposte di uno stesso cambiamento di stato".
L'incarnazione dello spirito e di conseguenza la nascita dell'uomo, viene a rappresentare l'ingresso in quella dimensione finita in assenza di memoria che lo isola dalla sua condizione originaria. In questo senso la vita umana è un intervallo di un'esistenza più ampia. Così come l'eroe all'interno del pesce mitico si confronta con i temi della propria vita, ugualmente lo spirito si confronta con le proprie dissonanze interne, il rapporto con il mondo per l'uomo-spirito è fondamentale non solo per il suo sviluppo psichico, ma anche per quello spirituale essendo il collegamento a doppio senso; questo percorso però non ha solo lo scopo di svolgersi in senso positivo ma può volgersi anche in negativo e l'eroe può rimanere schiacciato dal mostro che cercava di combattere o di utilizzare per la propria evoluzione. In questo caso si evidenzia la duplice valenza dell'incarnazione che può essere positiva o negativa. L'uomo può restare imprigionato nel suo corpo nel rapporto razionale causale e negare la sua parte spirituale ulteriore e quindi non ricordarsi della perla per quale era stato inviato.

"Se l'essere che la morte colpisce vive unicamente sul piano materiale o bestiale, precipiterà negli Inferi, ma se, al contrario, vive sul piano spirituale, essa gli rivelerà un mondo di luce".

Il dizionario dei simboli alla voce "morte" dice: "L'uomo che ricerca se stesso è di conseguenza soggetto ad incontrarsi con immagini che tentano sempre di allontanarlo dalla sua realtà e questa difficoltà ad entrare in sintonia con la propria anima è rappresentata da sempre sulle porte di tutti i templi o comunque dove l'uomo ritenesse di trovarsi in comunicazione con la propria spiritualità". "Il Templum era uno spazio dove confluivano le forze cosmiche e dove era possibile compiere una rottura del livello della coscienza ordinaria che permetteva l'ascesa al cielo e la discesa agli inferi ed una esperienza mistica concreta". Queste immagini, sempre terrificanti, fanno la guardia da millenni allo spirito dell'uomo; sono questi i guardiani della soglia, coloro che aiutano o respingono chi non è pronto al momento dell'iniziazione. Tutti possono entrare nel tempio, ma non per questo la comprensione è disponibile per tutti. Chi non è in grado di comprendere un dio lo vedrà come un demonio e si precluderà la possibilità di avvicinarlo, traendone solamente una sensazione di ansia; solo chi è consapevole del suo gesto è in grado di entrare. Di conseguenza il guardiano della soglia non esiste fino a quando l'uomo durante il suo sviluppo evolutivo non lo incontra. Praticamente questo essere sconosciuto e terrificante si situa tra i nostri desideri e la loro realizzazione. Come l'uomo pre-tecnologico affrontava le prove magiche per essere introdotto all'anima del totem, cioè nella sua essenza spirituale, così l'uomo moderno deve affrontare l'ansia e la solitudine come componenti fondamentali della lotta fra la sua essenza profonda ed i fantasmi collettivi e genitoriali che lo assediano.

In altre parole è il richiamo dell'anima del mondo, dalla quale per vari motivi ci siamo allontanati, che ci procura quel disagio definito come nevrosi dell'uomo moderno. L'incarnazione è un'esperienza sensoriale condotta in una dimensione finita e determinata che, isolando lo spirito dall'ambiente spirituale, gli permette di riattivare il processo di evoluzione interrotto. Sul piano spirituale la morte fisica è l'uscita dal ventre della balena, è la ri-nascita, la possibilità di riprendere possesso di una dimensione che restituisce allo spirito le sue caratteristiche. Ma l'uomo, identificato con l'Io, non vuole morire, cioè non vuole rinascere, preferendo restare all'interno del mondo dei contrasti rassicurante, tangibile. Tutte le società celebrano al loro interno dei riti di iniziazione dove morte e rinascita si alternano, ma questa ritualizzazione è sul piano fisico la simulazione di quanto avverrà comunque sul piano spirituale; i riti tenderebbero a preparare e a ricordare all'uomo questo passaggio di rinascita. La riduzione di questi riti da simbolici a segnici contribuisce a rendere l'uomo sempre più povero e inconsapevole del suo percorso interno e a desacralizzare la sua esistenza; direbbe uno spiritista, a vanificare il piano della sua incarnazione.

Vorrei concludere ricordandovi ancora quell'affermazione che Jung fa in una lettera del Novembre 1955 ad una destinataria anonima:

"Ho buoni motivi per supporre che le cose non finiscano con la morte. Sembra che la vita sia un intermezzo di una lunga vicenda. Esisteva già prima che esistessi io e continuerà molto probabilmente anche dopo, quando sarà finito quest'intervallo conscio in un'esistenza a tre dimensioni".

 

wpe3.jpg (25000 byte)

Firenze, 16\5\98 

  Antonio Tirinato
Centro Icone

 

Torna a bollettini