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Antonio Tirinato

 

Il tema dell’individuazione e dell’unione interiore è l’elemento portante anche del mio intervento. Questo si svolgerà esaminando un modello umano composto da vari piani: un piano mentale, un piano psichico e un piano spirituale.
Il piano mentale o psicologico, è il piano che l’uomo comunemente usa nelle sue relazioni, è il livello causale della coscienza ordinaria. Il piano psichico è il piano delle relazioni acausali, delle percezioni intuitive, dove abitano le immagini interne dell’individuo e dove risiedono anche i sogni. Il piano spirituale, infine, è quello che dà un senso ai piani precedenti e che li rende funzionali. uroboro.jpg (104822 byte)
Per intenderci meglio, il piano spirituale di cui parlo è rappresentato, in questo caso, dalle funzioni spirituali dell’uomo che sono da lui percepite nonostante la pesantezza della materia, come la spinta verticalizzante dell’esistenza. Questo atteggiamento lo possiamo sintetizzare come un continuo tentativo di spiritualizzare la materia pensando che le due cose non possono essere compatibili. Questo però è un processo squilibrato che tende a demonizzare la parte materiale che comunque ci appartiene per nascita e che deve svolgere, fino in fondo, la sua funzione. Per equilibrare questa tendenza, l’uomo dovrebbe materializzare il suo spirito, cioè renderlo presente nella vita quotidiana e sentirlo partecipe della propria esperienza concreta. Se ciò accadesse, la sventura si muterebbe in accadimento, il sintomo in simbolo e il mondo circostante rappresenterebbe un’indicazione continua utile alla conoscenza di sè.
Nel settimanale "Lo Specchio" di qualche mese fa, ci fu un articolo che parlava delle ultime scoperte sulle potenzialità e sulla fisiologia del cervello e questo articolo raccontava: "il mondo esterno, è un mondo astratto, buio e silenzioso fatto di onde e vibrazioni. Il cervello deve essere presente affinchè si verifichi una situazione di concretezza fatta di luci e di suoni comprensibili. Dire ad esempio: "i miei occhi vedono", è inesatto. Sono le strutture del cervello che vedono, gli occhi si limitano a trasmettere impulsi elettrici in codice. All’esterno degli occhi non c’è nessuna luce, ci sono soltanto onde. Qualunque menomazione del cervello riduce dunque la capacità di decodificare il mondo anche se i sensi sono perfettamente funzionanti."
Prendendo spunto da questo articolo, ci possiamo rendere immediatamente conto di come la visione umana sia una visione che proviene dall’interno dell’uomo e che deriva dalla sintesi di processi interni dell’individuo. Antonio Damasio, nella sua opera "L’errore di Cartesio" sostiene che la mente ha la sua sede nei processi celebrali, ma essi esistono perchè il cervello interagisce con il corpo e questo con l’ambiente. Non è tutto scritto nei geni, sono le emozioni e l’esperienza a dare forma al cervello. In definitiva, il cervello non è un organo già definito fin dalla nascita, è una potenzialità che si realizza giorno dopo giorno nell’interazione con il mondo esterno. Allora la visione o meglio la lettura interiore della visione, è all’origine della nostra esperienza.
E’ evidente come il tema psicologico sia al centro di questa visione. L’interpretazione fisica della vista, ci introduce in una visione proiettiva del mondo: l’uomo vede e pensa che il mondo esista all’esterno di lui, ma in effetti ciò che lui vede è la rappresentazione della sua interiorità, del rapporto che esiste fra emozione e visione. Se sul piano della realtà fisiologica il mondo ridotto a un insieme di onde elettriche si impoverisce, sul piano psichico questo si arricchisce in modo insperato. La visione del mondo, infatti, diventa una rappresentazione interiore, ma perchè questo sia possibile l’uomo deve attingere alla sua funzione simbolica che abita in quello scarto fra il vero ed il verosimile e che continuamente in oscillazione gli permette di non identificarsi in uno di questi due poli. Tale identificazione produrrebbe solamente un conflitto coatto, fisso non dinamico.
In un’epoca in cui l’immagine ha più forza del pensiero, la sofferenza interiore dell’uomo si fa sempre più sottile e indeterminata. I termini usati per definire i sintomi delle malattie dell’anima sono insufficienti e la tentazione di costringere in una categoria interpretativa certa il patimento indifferenziato dell’uomo è un tentativo che, il più delle volte, fallisce miseramente. L’uomo tenta di definire con sempre maggior precisione i suoi sintomi ritenendo che una più precisa e puntuale diagnosi lo possa aiutare a guarire meglio. La pietra filosofale.jpg (9039 byte)Il lavoro analitico dovrebbe, al contrario, proteggersi dalla spirale nevrotica interpretativa riferendosi invece a categorie non definibili. In altre parole, l’ansioso atteggiamento del definire in modo certo, dovrebbe con modestia lasciare il campo all’espressione del "come se".
In genere gli individui quando si trovano a dover spiegare una sensazione proveniente da un vecchio ricordo o a raccontare un sogno, sono naturalmente portati a usare questa locuzione che spontaneamente attinge alla capacità simbolica dell’uomo che quando la ragione è in difficoltà prende il comando del racconto. Le immagini usate sono lì davanti agli occhi di colui che narra, ma il senso è spostato altrove, in un contenuto emotivo che si svolge dall’immagine verso altre profondità dove il linguaggio non può penetrare.
La razionalità separa, cataloga, ordina ed elenca in categorie che spesso tra di loro si oppongono violentemente. L’individuo è chiamato a scegliere e quando sceglie, sa che deve abbandonare una cosa per l’altra. Il suo dramma è concreto, quotidiano, deve essere certo della bontà della scelta che sta per effettuare ma contemporaneamente si rende conto che non sempre tutto ciò che percepisce nel suo interno coincide con quello che la ragione lo chiama a realizzare. Jung in una conferenza tenuta a Vienna nel 1932 dal titolo "La voce interiore" diceva:
"... la nevrosi è dunque una difesa contro l’attività interna oggettiva della psiche. Ovvero un tentativo pagato abbastanza caro di eludere la voce interiore e quindi la vocazione. (...) Noi medici dell’anima siamo costretti, per esigenza professionale, ad occuparci del problema della personalità e della voce interiore. (...) In genere ci vuole un considerevole sforzo per rendere coscienti le condizioni psichiche che hanno provocato il disturbo. I contenuti che affiorato corrispondono però pienamente alla voce interiore ed indicano una vocazione fatale che se accolta e integrata nella coscienza conduce allo sviluppo della personalità".
Ma se abbiamo detto, "la ragione separa", "il simbolo unisce" ed ha due proprietà fondamentali la mediazione e la trasformazione. La mediazione si attua nella capacità di rendere integrabili opposizioni altrimenti inconciliabili. L’altra è quella proprietà che permette al simbolo la trasformazione di aspetti segnici, non più legati alla soddisfazione della sopravvivenza verso scopi creativi. Secondo Durand la funzione simbolica nasce dall’impossibilità per l’uomo di fermarsi al senso proprio delle cose. Possiamo affermare allora che la funzione simbolica spinge l’individuo a superare la realtà oggettiva e ad andare oltre il fenomeno. La psiche viene a trovarsi al centro dell’esperienza simbolica dell’uomo e diventa quel luogo dove tutto confluisce e da dove tutto inizia. La psiche è quel luogo interiore dove l’individuo percepisce che il senso della propria vita è molto più ampio della relazione causa-effetto in cui l’Io razionale è confinato, e percepisce anche che le ferite dell’anima sono molto più profonde di quanto il meccanicismo psicologico ci faccia intendere; comunque la risoluzione di un complesso ha risonanze ben più ampie della relazione causale quotidiana.

Riguardo a questo Jung dice:
"la fatica dello psicoterapeuta non va soltanto a beneficio di quel singolo paziente forse insignificante, ma anche a benificio suo personale e della sua anima e la sua opera rappresenta un granello, forse infinitesimale, sul piatto della bilancia su cui posa l’anima dell’umanità".
Sole sul cavalletto.jpg (22251 byte)Ma per quanto modesto e invisibile possa essere il suo contributo, esso è un opus magnum perchè si compie in una sfera in cui è da poco migrato il numen e sulla quale si è spostato tutto il peso dei problemi umani. I problemi ultimi, fondamentali della psicoterapia, non sono una questione privata ma rappresentano una responsabilità di ordine supremo. Il problema psicologico così delineato si configura come un problema spirituale e, viceversa, l’esame del tema individuale ci fa intuire che trova anche una corrispondenza nell’approfondimento del percorso spirituale. E allora, se sul piano mentale siamo di fronte a un sintomo, sul piano psichico ci incontriamo con il simbolo. Di conseguenza tutto ciò che è reale sarà ugualmente simbolico e contemporaneamente spirituale. Jung probabilmente accennava a questo quando affermava che "nessuno può guarire veramente se non si ricollega al proprio aspetto religioso". Dove il termine religioso indicava il tema spirituale individuale oppure per dirla con le parole di Filippo:
"... il Signore ha operato tutto in un mistero, battesimo, unzione, eucarestia, redenzione e camera nuziale. Il Signore ha detto: sono venuto per rendere le cose di quaggiù, simili alle cose di lassù e le cose esterne simili alle cose interne. Sono venuto per unirle in quel luogo. Egli si è manifestato in quel luogo per mezzo di simboli e di immagini".
Possiamo definire, paradossalmente, la sofferenza dell’uomo come la resistenza da lui prodotta nel tentativo di opporsi ai contenuti psichici che lo chiamano a realizzare il suo progetto interiore. Nei giorni in cui Eva si trovava in Adamo, la morte non c’era. La morte sopravvenne allorchè Eva fu separata da lui. Se rientra in lui e se egli la prende in sè, la morte non ci sarà più. E’ questo l’obbiettivo del processo di individuazione, la coniunctio oppositorum, le nozze sacre che equivalgono, sul piano psicologico, ad una perfetta identità fra coscienza e inconscio. La psiche, organo intermedio fra materia e spirito, fra vertice ed abisso è la "camera nuziale" dove, dice Filippo, avviene la redenzione, dove maschile e femminile si uniscono in un abbraccio trasformativo.
"Grande è il mistero del matrimonio senza di esso non ci sarebbe il mondo giacchè gli uomini sono consolidamento del mondo e il matrimonio è il consolidamento degli uomini."


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