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Per Jung è invece indispensabile per la salute della
psiche recuperare proprio il rapporto dialogico fra le due parti della personalità.
Ritrovare la comunicazione significa rinnovare il processo evolutivo della funzione
sentimento rimossa nellinconscio, e coincide, nellambito della società
occidentale contemporanea, con il percorso del processo dindividuazione, che
vede lIo dialogare con linconscio attraverso il linguaggio simbolico-rituale e
ritirare le proiezioni fino a raggiungere il proprio Sé, la vera identità individuale.
La ricerca junghiana inizia dall"infanzia" della coscienza soggettiva,
ancora confusa con la base pulsionale che, attraverso un lungo percorso di
differenziazione, genera un Io strutturato e autonomo il quale, se non denega le proprie
radici inconsce può intraprendere un confronto comunicativo con se stesso che lo conduce
al Sé e alla visione dell"altro da sé". Lempirismo di Jung
arriva fino qui, e il grande psicologo svizzero ha sempre sottolineato che il suo compito
e il suo metodo non intendevano né potevano procedere oltre, e sconfinare sul terreno
metafisico. La sua visione delluomo non si spinge oltre la constatazione di un
dualismo intrinseco, motore principale della dinamica psichica, che non va rifiutato ma
assunto e integrato fino in fondo, senza saltare fasi evolutive o zone della psiche. Per
Jung il compito delluomo consiste nel trovare se stesso, la propria vera identità,
per poter essere "testimone" di un divenire universale che altrimenti sarebbe
privo di senso.
Come abbiamo visto, Vyseslavcev concorda con Jung sul fatto che alla base della vera identità individuale si trovi una dualità, una tensione di opposti che la costituisce: "Ho un solo cuore e esso si divide in due; io sono unico ed io trovo in me un doppio Sé." In assenza di polarità non può esistere una individualità, poiché identità significa libertà di scelta; se non cè niente da scegliere, se la via è univoca, allora non vi è libertà né identità individuale. Per Vyseslavcev la libertà totalmente incondizionata è appunto la nostra somiglianza con Dio; è un dato di fatto, indimostrabile perché evidente e senza fondamento, in quanto non possiamo trovare niente dietro o prima della libertà, facoltà che proviene direttamente da Dio. Daltra parte questa libertà è indissociabile dalla tensione degli opposti che lacera tragicamente linteriorità di ciascuno, tensione irrisolvibile sul piano meramente intellettuale, poiché la troviamo appunto nel luogo più profondo, al "limite" stesso dellabisso interiore, dove i parametri razionali si dilatano e si confondono nellinfinito: il luogo, appunto, del cuore. Nel cuore troviamo la percezione evidente, passiva, della nostra libertà. Tale evidenza "... non è solo intellettuale, ma anche contemplazione etica, estetica, religiosa. (...) Il "sentimento" nella contemplazione dei valori (etici, estetici), nellaccettazione di ciò che è "sacro", possiede la sua evidenza, la sua "logica"."
È per questo che si deve "stare con la mente nel cuore", e non limitarsi alla sola meditazione intellettuale, poiché lantinomia del cuore, causa ed effetto della libertà, può essere superata solo da una "conoscenza" ben più profonda di quella intellettuale, conoscenza che troviamo solo nel cuore, sede della nostra "somiglianza con Dio", la libertà.
Per Viseslavcev: "Lantinomia dellimpossibilità e della possibilità di peccare (...) trova la sua soluzione solo per mezzo della libertà; la soluzione può essere pensata per mezzo del concetto di libertà, e può essere realizzata per mezzo della forza della stessa libertà. La libertà può tutto: essa può divenire in sé antinomica, e può superare lantinomia. Ogni scissione delluomo, ogni scissione del suo cuore, che costituiscono la sua contraddizione e la sua tragicità, provengono dalla libertà e si superano con la libertà." Luomo può scegliere di allontanarsi da Dio perché è libero di farlo, e questa è la sua stessa divinità, la sua somiglianza con Dio; ma può andare ancora oltre e "... scegliere la libertà creativa e rifiutare la libertà distruttiva", può scegliere di ritornare al padre.
Vediamo qui con chiarezza la grande differenza fra il percorso di Viseslavcev, culminante nella scelta che scaturisce dalla libertà contenuta nel cuore, e le soluzioni "ragionevoli" elaborate dalla psicoanalisi freudiana e da quella corrente dei cristianesimo che, come detto in precedenza, "rifugge" dal male. La differenza è la stessa che troviamo nei diversi atteggiamenti dei due fratelli nella parabola del figliol prodigo: solo il minore dei due (che esige dal padre la sua spettanza e la dilapida nel mondo), vive fino in fondo lesperienza degli opposti, dentro e fuori di sé. Mentre laltro fratello non si differenzia, non si allontana dal padre, lui acquista, con la coscienza, la propria vera identità, e nellistante in cui sceglie di superare la propria libertà e si dichiara servo, la sua unicità viene pienamente riconosciuta e accolta nel luogo di origine. Nelle parole dellapostolo ciò viene descritto come una vera "imitazione di Cristo": "E il padre a lui: Figlio, tu stai sempre con me e tutto il mio è tuo, ma era giusto banchettare e far festa, poiché questo tuo fratello era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato" (Lc 15, 11-31).
Solo attraverso il percorso e la passione del Cristo possiamo risorgere nellidentità redenta del cuore che "... esprime se stesso, trova il suo fine non nellunisono, ma nellarmonia delle corde tese e differenziate". Lincarnazione, il percorso temporale, devessere consumato fino in fondo, sulla via dellindividuazione non si possono saltare fasi, non si può "rifuggire" dalla carne e dallumanità, dalleros, perché altrimenti non troviamo la nostra vera identità, data dallaccettazione consapevole della nostra tragica condizione esistenziale.
La situazione di profonda scissione in cui versa attualmente la società occidentale, deprivata del linguaggio simbolico-rituale che permetteva e agevolava questo tipo di esperienza, impedisce linterazione creativa degli opposti, i quali, di conseguenza, agiscono unilateralmente e distruttivamente. Per questo vediamo, da un lato uno "spirito" occidentale sempre più sradicato e inaridito da un eccesso di astrazione, dallaltro un "corpo" scatenato e dilagante, vuoto e senzanima, ridotto alla superficie di sé. A questo riguardo, la riscoperta delluniverso del simbolo e la riattivazione della funzione simbolica o "funzione religiosa della psiche", operata in occidente soprattutto dalla ricerca di Jung, è da considerarsi di importanza fondamentale: attraverso la comunicazione e lelaborazione simbolica il soggetto può esperire completamente lanelito delleros che lo caratterizza in quanto essere transeunte, e ricongiungersi consapevolmente con la propria scintilla deternità, lidentità nascosta nel cuore, il Sé. In ambito religioso, limportanza dellopera junghiana e del cristianesimo ortodosso, è direttamente collegata alla mancanza di adesione allincarnazione del cattolicesimo, che troppo spesso ha privilegiato orientamenti "non-incarnati", adeguandosi alla tendenza allastrazione della società occidentale, processo culminato, in ambito ecclesiastico, con lavvento delle chiese protestanti.
Per definire la vera identità individuale, sia in Jung che in Viseslavcec troviamo il termine Sé. Il Sé, per ambedue gli autori, è il centro gravitazionale della personalità, è il fulcro che riesce a "tenere insieme" la tensione degli opposti. Dovendo poi dare un nome alla "forza", che innesca e promuove lintero processo, all"energia" che spinge lindividuo verso il proprio centro nascosto e con la quale il Sé attrae gli opposti, vediamo che entrambi ricorrono più o meno esplicitamente ai termini "eros", a anche "amore". Non potendo tentare, in questa sede, neppure di affacciarsi alla problematica sconfinata delle definizioni che sono state date sia delleros che dellamore, vogliamo però extrapolare alcuni aspetti che, a nostro parere, precisano le consonanze e le differenze fra Jung e Vyseslavcev e, più in generale, fra la prospettiva psicologica junghiana e la concezione antropologica del Cristianesimo. In questo senso possiamo affermare, con sufficiente sicurezza, che il percorso evolutivo di differenziazione della coscienza dal caos pulsionale fino allintegrazione nel Sé, si svolge prevalentemente allinsegna delleros; dove con eros si intende definire in generale la tensione desiderante del soggetto, lanelito irresistibile a congiungersi con loggetto amato. Desiderio "erotico" delloggetto che, indipendentemente si rapporti ad un obbiettivo immanente, concreto, o trascendente (nel senso platonico), ci pare dominato essenzialmente da un carattere che potremmo definire "acquisitivo". Il soggetto, in questa fase di individuazione di sé, desidera possedere o contemplare, in ogni caso però non può che partire dal proprio anelito di coinvolgersi con loggetto, non può desiderare per sé il rapporto con loggetto amato. È questa una fase fondamentale per levoluzione della psiche individuale e collettiva che, come abbiamo detto, attualmente in occidente è stata del tutto disattesa: al posto di un individuo che attraverso leros acquisitivo trova veramente se stesso solo nel rapporto con laltro da sé, assistiamo allo strapotere di un ego fagocitante e mai placato che tutto divora e distrugge.
Un rinnovato dialogo degli opposti, promosso invece da una autentica tensione erotica, rigenera e agevola il processo di trasformazione della libido che da affettività primaria si evolve fino a diventare "sentimento" consapevole e maturo; il ritiro delle proiezioni reintegrano la personalità individuale che trova il proprio Sé e, allo stesso tempo, può finalmente vedere la realtà che lo circonda, "laltro da Sé", fino a quel momento sepolta sotto strati di proiezioni soggettive.
Ed è proprio qui, nel momento in cui la salita delleros, attraverso il processo dindividuazione junghiano, trova il suo compimento e il suo culmine, che lindividuo trova anche il limite di sé. Anzi, potremmo dire che la vera identità nascosta nel cuore si ottiene solo nel momento in cui il soggetto, come il figliol prodigo, consumato totalmente il proprio eros, diventa cosciente del limite delleros, un eros che lo riconduce sì fino a sé e sulla soglia dellaltro da sé, ma che qui esaurisce il suo compito poiché, come afferma la voce nel sogno citato allinizio "un cuore senza mani non può erigersi al di sopra della propria malattia", un cuore solo erotico non può spingersi oltre la visione.
In questo momento cruciale, se lindividuo ha veramente raggiunto la pienezza di se stesso e vuole entrare nella realtà dellaltro da sé (che finalmente può vedere), leros deve tacere, deve aprirsi, attraverso la crocifissione, allirruzione dallalto, dellenergia donativa dellamore, che dischiude lorizzonte sconfinato e senza tempo dellagape, il dono di sé. Potremmo dire che se, fino a questo momento, il ritrovato rapporto dialogico fra gli opposti ha consentito al soggetto di ritrovare se stesso, il suo vero Sé, lingresso nel mondo dellagape, che rappresenta lassoluta originalità del Cristianesimo, apre al Sé individuale la realtà sconfinata dell"Altro da sé" e la possibilità universale della "relazione" con lAltro. Una prospettiva completamente rovesciata quella dellagape che, superando i limiti del pur fecondo rapporto erotico (caratterizzato comunque da una tensione acquisitiva), si apre allaltro, invertendo la direzione di 180°, non più con intenti di assimilazione o di scambio, ma nella perfetta semplicità dellincondizionato dono di sé.
Un nuovo orizzonte di valori, infinito e tutto da scoprire (e da creare), si dispiega allindividuo consapevole di sé che inizia a percorrere la strada in discesa della relazione con lAltro. Una strada che può essere percorsa solo "con la mente nel cuore", dove la facoltà più importante, latteggiamento più adeguato, non è più la visione, apice ed estasi dellanelito delleros, ma lascolto, laccoglienza silenziosa e partecipe dellindividuo che, placato lanelito di Sé, finalmente tace, ascolta la Parola scendere liberamente nel suo cuore, e risponde allAltro articolando un nuovo linguaggio che, nella prospettiva agapica della relazione, appare come il naturale successore del linguaggio simbolico: la preghiera, la caritas, il servizio.
La migliore risposta alla voce del sogno, Carlo Alberto Cicali la ebbe da un colloquio con madre Teresa di Calcutta che gli disse: "I miei poveri hanno bisogno di essere amati col cuore e serviti con le mani".
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