Poesia e Mistero: Una via alla preghiera
Preghiera e Inconscio...... Inconscio e Poesia.
di Anita Buccianti
Poesia, preghiera e |
(Un amico) |
Abbiamo detto che questa nostra chiacchierata sarebbe
partita da una testimonianza sul mio incontro con la poesia e su quegli aspetti della
poesia che, per me, sono contigui alla preghiera, o "religiosi". Si tratterà,
quindi, di una lettura soggettiva.
Sin dalle riunioni preliminari, mi sono ritrovata a dover scrivere delle cose: è stata
una necessità, e via via che sceglievo le poesie e i frammenti di altri testi che mi
sembravano appropriati, mi sono sempre meglio resa conto di come tutto ciò diventasse,
per me, importante. Era un po come chiarirmi il senso, forse, di unesperienza,
e anche di unappartenenza; era, certo, unesigenza di esprimermi, di espormi
intorno a queste cose, per me, e anche per chi, con me, su queste cose desidera
confrontarsi.
Allora, vorrei iniziare citando un passo tratto dalle prime pagine di un libro scritto da
Erri de Luca, Ora Prima, Ed.Qiqajon 1997:
"Non posso dire di essere ateo. La parola di origine greca è formata dalla parola teo, Dio, e dalla lettera a, alfa, detta privativa. Lateo si priva di Dio, della enorme possibilità di ammetterlo non tanto per sé quanto per gli altri. Si esclude dallesperienza di vita di molti. Dio non è unesperienza, non è dimostrabile, ma la vita di coloro che credono, la comunità dei credenti, quella sì è unesperienza. Lateo la crede affetta da illusione e si nega così la relazione con una vasta parte dellumanità. Non sono ateo. Sono uno che non crede.
Credente non è chi ha creduto una volta per tutte, ma chi, in obbedienza al participio presente del verbo, rinnova il suo credo continuamente. Ammette il dubbio, sperimenta il bilico e lequilibrio con la negazione lungo il suo tempo. E certo ci sono giorni in cui un credente cede, poco o molto, perché questa è la posta in gioco nella più difficile delle vocazioni umane. (...)
Infine ho imparato nelle Scritture sacre che il niente non sarà il nostro destino, la nostra stesura definitiva, perché saremo, sì, ridotti a polvere, ma non retrocederemo oltre questa consistenza. Resisteremo in polvere, nella materia impalpabile che ci preserverà dal niente. In stato di polvere ogni soffio ci solleverà e ogni goccia dacqua rianimerà la vita in noi e la farà di nuovo brulicare, per sempre, leolàm in ebraico, che vuol dire per la durata del mondo."
Jung, viceversa, parla di Dio come "esperienza" psichica, immagine simbolica e, infatti, tra le altre cose dice:
"Limmagine di Dio corrisponde a un preciso complesso di fatti psicologici, ma ciò che Dio è in sé rimane una questione al di fuori della competenza di qualsiasi psicologia" (O.C.Vol.VIII)
Si veda anche in Jung Parla, Interviste ed Incontri, (Adelphi, pag.514), quando, rispondendo ad una domanda, Jung dice:
" un bel sogno, per esempio, è una grazia. I sogni, al fondo, sono un dono. Linconscio collettivo non è né mio né suo, è il mondo invisibile, è il grande spirito. Non ha importanza come lo chiamo: Dio, il Tao, la Grande Voce, il Grande Spirito. Ma per gli uomini della nostra epoca, Dio è il nome più comprensibile con cui designare la Potenza al di là.
Le immagini di Dio: è una storia infinita
Dobbiamo trovare parole semplici per dire le grandi verità, dobbiamo cercare di accostarci alla verità vivente che sta dietro le cose: è limpresa più antica che luomo abbia mai tentato.
Nella nostra epoca è lintelletto che produce le tenebre, perché gli abbiamo lasciato occupare troppo spazio. La coscienza discrimina, giudica, analizza, sottolinea le contraddizioni. Un lavoro necessario, fino a un certo punto. Ma lanalisi uccide e la sintesi conferisce vita. Dobbiamo trovare il modo di ristabilire il nesso che lega tutte le cose."
Questa questione, della sintesi, del nesso, credo sia il nucleo di ogni sentimento religioso ed è resa in modo bellissimo da Etty Hillesum, quando, nel suo Diario, scrive il 17 Settembre 1942:
"Il sentimento che ho della vita è così intenso e grande, sereno e riconoscente, che non voglio neppur provare a esprimerlo in una parola sola. In me cè una felicità così perfetta e piena, mio Dio. Probabilmente la definizione migliore sarebbe di nuovo la sua (penso si riferisca al suo amante, appena morto) : "riposare in se stessi", e forse sarebbe anche la definizione più completa di come io sento la vita: io riposo in me stessa. E questo "me stessa", la parte più profonda e ricca di me in cui riposo, io la chiamo "Dio" In fondo, la mia vita è un ininterrotto ascoltar dentro me stessa, gli altri, Dio. E quando dico che ascolto dentro, in realtà è Dio che ascolta dentro di me. La parte più essenziale e profonda di me che ascolta la parte più essenziale e profonda dellaltro. Dio a Dio."
Questo diceva, " Il cuore pensante della baracca."
Ho
voluto incominciare con queste citazioni perché, in un certo senso, non mi sono sentita
pienamente contenuta nella dichiarazione dellaltra volta a proposito del mio non
essere credente; soprattutto mi pare di non essere riuscita a comunicare come il non
credente possa essere ugualmente, continuamente interpellato dalle stesse, o da molte
delle stesse domande che si pone il credente; identico e abissale è il mistero su cui
tutti ci affacciamo solo che, penso, le immagini, le parole, le ipotesi sono diverse:
soprattutto ci differenzia la fede in un fondamento assoluto. Unamica cara mi
diceva: " Anche nel credente non può non affiorare, a tratti, il dubbio: anche per
lui deve trattarsi di una scommessa, non credo sia più possibile un totale
affidarsi." Forse è il dubbio, allora, linterrogarsi, il nostro terreno
comune.
Per questo, per me, la questione della religiosità rientra nellambito di una
riflessione, che dura ormai da anni, intorno alla psiche, allinconscio, e per questo
il tema della preghiera mi ha richiamata, perfino catturata, come ricerca, meditazione,
come un volgermi allascolto, allattenzione non solo di quegli impulsi, quegli
atti che anchio mi sono ritrovata, talvolta, a compiere in certe situazioni di
sofferenza estrema, ma anche come un aprirmi allascolto di Altro: perché può
avvicinarsi alla preghiera, per me, anche tutto ciò che si rivolge al
"mistero", mistero inteso come quella vasta area dellinesauribile,
dellinfinito, e lo interroga, facendo emergere quei pensieri, quelle emozioni
che si presentano alla coscienza nellistante in cui si viene attraversati dal
sentimento, o intuizione, della nostra condizione di fronte a quella dimensione; è
unesperienza che può essere ineffabile, avvertita come profondamente commovente,
piena di echi e di risonanze, anche religiose, ma che può anche aprire ad esiti
angosciosi, e al bisogno di stringere, di chiudere, questa esperienza, in una
interpretazione predeterminata.
Personalmente non desidero semplificare linconscio, rimandandolo a una sorta di
irrazionalismo oscuro oppure, viceversa, a un determinismo piatto: né mi è molto
congeniale unespressione come "semplicemente psichico", perché penso
(spero) che la psiche, lanima, o comunque la si voglia chiamare, possa comprendere
sia la materia corporea che listanza spirituale nelle loro fino ad oggi ancora per
lo più ermetiche, ipotetiche connessioni reciproche, e sia perciò quanto di più
complesso e ricco ci sia dato sperimentare in una esistenza umana; ignoro cosa altro possa
esserci, al di là dello psichico, e anche la dimensione spirituale,
comunque la si avverta, penso si dia nellesperienza come un evento, un qualcosa che
ci accade, ci sorprende, ci commuove, e che viene captato, accolto dalla psiche, e solo in
seguito, probabilmente in modo parziale, è portato a coscienza, e articolato,
interpretato, pensato dalla mente critica, che - e questo è il punto può
accettare, com-prendere, abbracciare, in una sorta di circolarità, anche le ragioni del
sentimento, della sensibilità e del loro volgere lo sguardo allinfinito.
Un pensare col cuore: non è, forse, proprio questo anelito
dellessere a pulsare, respirare, sentendosi, anima e corpo, in commossa relazione
con laltro, col cosmo, la "via del cuore"? Lantica via del cuore,
che da tante parti torna in questi anni a rifluire: penso, per rimanere allinterno
della psicoanalisi, anche a J.Hillman in Anima Mundi, ma soprattutto a Jung, ai
suoi studi sulle quattro funzioni, su Psiche e Religione, Psiche e Alchimia (vedi anche
M.L.von Franz, Vir Unus, Unus Mundus, in Klaros, Firenze,Dicembre 1999) );
e ricordate, di Jung, quel suo racconto sui Pueblos che pensavano col cuore? Forse,
davvero, come dice Pasternak, il poeta, in un testo che non sono riuscita a rintracciare:
Imparentati a tutto ciò che esiste, convincendosi e frequentando il futuro nella vita dogni giorno non si può non incorrere alla fine, come in una eresia, in unincredibile semplicità.
E infatti qualcuno, durante lultimo incontro, diceva che, quando
prega, sente un impulso insopprimibile a sdraiarsi sulla terra nuda, abbracciandola, con
un gesto simbolico di estrema concretezza e semplicità..
Per tutto questo penso che la preghiera non sia soltanto un contenitore
istituzionalizzato, ovvero una serie di formule predeterminate, che però talvolta salgono
spontanee alle labbra, ma, anzi, che possa essere, proprio nellesperienza
individuale, un appello e un confronto con quegli stati di coscienza "altri",
che hanno a che fare con le domande prime sulla vita e sulla morte, così come volta a
volta le sentiamo, o come loro si fanno sentire, quando ci lasciamo attraversare da questo
farsi e disfarsi delle cose, da questo sentimento di una tessitura dentro e fuori di noi,
tra noi e gli altri.