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Dibattito

- [Pubblico] Quando parlava sul tema della distillazione, dell’estrazione di un’essenza che in qualche modo supera l’aspetto materiale, mi sembra che facesse emergere degli echi in un certo senso heideggeriani. Nel pensiero di questo filosofo, il tema del disvelamento del naturale prefigurava un finale positivo, una techne positiva, mentre la lettura, l’approccio di tipo ecologico è di segno opposto. Nell’ars, nella techne, nell’atteggiamento di non violenza degli alchimisti nei confronti della natura mi sembra di sentire in fondo una sorta di insegnamento attualizzabile.

- [Pereira] Sì! È il tema della trasformazione possibile e delle modalità possibili per trasformare. Gli alchimisti non sono sostenitori del ‘non intervento’, anzi sono sostenitori del fatto che la coscienza, il possesso dell’intenzionalità dà all’essere umano la possibilità, anzi l’obbligo in qualche modo di portare l’opera di perfezione al suo compimento. Opera di perfezione che gli alchimisti, come Cristiani, ovviamente vedono iniziata da Cristo, ma rimasta incompiuta, perché Cristo ha redento il piano spirituale, le anime, mentre è rimasto da redimere tutto il piano dei corpi e della materia. Dunque la tecnica come una possibilità positiva; e del resto Ruggero Bacone, che è appunto un personaggio chiave per capire gli sviluppi dell’alchimia fra il ‘200 e il ‘300, è convinto che le tecniche, anche quelle che oggi a noi sembrano le più astruse e quelle che anche ai suoi tempi venivano identificate con la magia e quindi con le arti dell’Anticristo, possano e debbano essere utilizzate dai Cristiani nella loro guerra contro l’Anticristo e per lo sviluppo morale dell’umanità. Bacone colloca l’alchimia nel sesto livello della sua enciclopedia delle scienze, in quei tre testi che dedica al Papa Clemente IV chiedendogli di intervenire per riformare gli studi e, attraverso gli studi, la cristianità; al settimo livello cioè al più alto quello a cui introducono le conquiste della scientia experimentalis (tra le quali c’è l’alchimia), c’è la morale. Dunque c’è una enciclopedia delle scienze che parte dal dato rivelato, dalla conoscenza biblica attraverso le lingue, attraverso la matematica, l’ottica (perché rivela il la modalità radiante in cui con cui tutte le realtà si influenzano l’una all’altra) e poi appunto le scienze sperimentali. E dopo il completo possesso di tutte queste scienze, l’apertura ad un ‘sogno tecnologico’ che per l’epoca medievale appare incredibile (si potranno fare – scrive Bacone - navi che possono scendere sotto l’acqua con degli uomini dentro, carri che si muovono da soli ecc.): ma tutto questo ha come scopo il perfezionamento morale dell’umanità. Questa pagina di Bacone è stata ripresa all’epoca del secondo Bacone, cioè nel ‘600, per dimostrare come si può dominare la natura. Ma all’epoca del primo Bacone non c’era una volontà di dominare la natura: nei testi alchemici di quest’epoca non c’è la parola né il concetto dl dominio, c’è piuttosto l’idea dell’interagire, del portare a una perfezione che è della natura e dell’artefice, dell’artefice e della natura. Non si può distinguere, a quell’altezza cronologica, fra una alchimia spirituale e un’alchimia operativa. L’alchimia operativa chiede e dà perfezione spirituale, la chiede come esigenza iniziale e la conferisce come sapienza accresciuta alla fine; e viceversa il vero sapiente non può poi che, in qualche modo, esplicare la sua sapienza operando, quindi facendo. Insomma si può vedere l’alchimia oggi come ‘cibo per il pensiero’, nel senso di materiali che permettano di immaginare, prima ancora che per pensare altre modalità di intervento umano sulla natura. Le operazioni che gli alchimisti facevano oggi non sono più un lavoro sull’ignoto: sappiamo cosa vuol dire, distillare, conosciamo le formule chimiche delle sostanze, in pratica chiunque ne abbia un minimo di voglia si può comprare l’attrezzatura, i libri e impara e fa le quintessenze di tutto quanto con risultati mirabili, più che ai tempi di Paracelso. Ma il problema dell’alchimia – quello che si manifesta nel discorso della materia prima - significa sapersi mettere in contatto con ciò che è ignoto, con ciò che è più oscuro dello scuro e saperci stare in relazione, sapendo che quella relazione è fruttifera per l’umana coscienza e per l’oscurità della materia . Questo appunto non è oggi traducibile forse nelle tecniche che per gli alchimisti erano innovative e misteriose, ma è certamente pensabile nel rapporto fra gli esseri umani e questa cosa misteriosa che è lo strapotere che il nostro stesso operare ha assunto su di noi.

- [Pub.] Io volevo fare una piccola provocazione, a questo punto, visto che l’operare può determinare dei cambiamenti sia nella materia prima sia nell’operatore. Ho letto che certe ricerche di alchimisti hanno portato a delle scoperte straordinarie, eccezionali, scoperte che anche alchimisti più moderni hanno cercato di ricreare. Qualche studioso riferisce - e lo riportano anche dei fisici - che probabilmente qualche cosa è successo e presumibilmente questo qualche cosa è successo grazie a un certo potere dell’operatore sulla materia. Questo significa, in pratica, che in qualche modo la mente può determinare una alterazione o comunque che il soggetto non può essere completamente fuori dal fenomeno alchemico che riguarda la materia. La mia provocazione consiste in questo: ci sono studi che hanno cercato di dimostrarlo? Anche nell’antichità, ovviamente… E, se ci sono, che cosa è stato visto? Quali sostanze sono state ottenute? Si parla di oro che non è oro ma che è simile a oro; potrebbe esserlo ma non è proprio oro…

- [Per.] Credo di capire che l’autore a cui ti riferisci è Titus Burkhardt. La sua posizione a me appare irritante, ancor prima che provocatoria, perché non da’ modo di capire alcunché, né della disposizione psicologica, né di cosa effettivamente stesse facendo, né di cosa effettivamente ha visto accadere; e se mi dice che è cosa che si dice solo ad un iniziato, allora io gli chiedo perché l’ha scritto in un libro che è regolarmente in commercio. Il problema è questo. C’è almeno un autore che è passato nella cultura latina in maniera abbastanza limitata come numero di scritti, ma che ha influenzato per l’appunto Ruggero Bacone, nell’opera in cui presenta la teoria dell’irraggiamento, il De multiplicatione Specierum, che sembra avere dei fili abbastanza solidi di collegamento con il tema dell’agente di perfezione che perfeziona. Questo autore noi lo conosciamo come addirittura " il filosofo degli arabi ", Al Kindi, il cui sapere risulta essere radicato nella sapienza orientale dei Sabei di Harran; egli sosteneva che gli astri e anche i corpi elementari e qualunque sostanza emettono dei raggi e che questi raggi sono il collegamento fra le sostanze (cause) e gli effetti che si producono. E però, secondo Al Kindi, non c’è un legame di uno a uno, fra causa ed effetto, ma ogni effetto è determinato da tutti i raggi che convergono su di esso e ogni causa, ogni sostanza irradiante emana raggi da tutta la sua sostanza, quindi in ogni direzione. Questo significa che tutta la realtà è determinata, ma che questo determinismo è talmente complesso che non possiamo conoscerlo: dunque il determinismo ontologico produce indeterminismo epistemologico. Significa inoltre che il mago, colui che conosce questo modo di agire, può modificare se stesso come centro emanante raggi e può in questo modo modificare la realtà senza uscire dal determinismo naturale, senza introdurre quindi un elemento estraneo, agendo all’interno della natura e secondo le sue leggi. Dunque questo autore, che pensava e scriveva nel IX/X secolo, pensava in termini di feed-back ...Ecco, se questo sia la stessa cosa che dice Burckhardt non lo so. Personalmente mi irrita meno Al Kindi di Burckhardt. Questo però non vuol dire che la modifica di se stesso sia una modifica ‘spirituale’ (nel senso di ‘mentale’), cioè quello che si intende banalmente quando si parla del valore spirituale o addirittura metaforico dell’alchimia, come se l’alchimia fosse una pia favoletta per cui gli alchimisti parlano delle cose che fanno, ma vengono interpretati come se le loro operazioni come se fossero pensieri, immaginazioni o addirittura fantasticherie. Non è così: il mago che si trasforma, per trasformare fa qualcosa di se stesso, con se stesso, che non è limitato al pensare di far qualcosa, cioè agisce a un livello materiale, anche se il livello materiale dei raggi è un livello materiale sottile, ovvero non la materia densa, dei corpi concreti. Certo è che Ruggero Bacone prende l’avvio da qui quando parla non mi escono più le parole di moltiplicazione delle specie. Quando poi gli alchimisti parlano di moltiplicazione dell’elixir o della perfezione indotta dall’elixir, forse si muovono ancora su quel piano. E questa concezione di fondo la possiamo forse riconoscere in una pratica che ha qualche radice nelle ricerche post-paracelsiane, e cioè nella medicina omeopatica, in cui si ritiene che il farmaco agisca a partire dall’assottigliamento che corrisponde ad una capacità di potenza, quindi a una capacità di azione più profonda e tendenzialmente più risonante (non voglio dire più ampia perché più ampia è un termine troppo ‘spaziale’ e concreto). Anche in questo caso si può pensare che siamo in un ambito di discorso che è sempre un discorso sulla realtà naturale, ma in cui la realtà naturale non è soltanto, appunto, tavole e sassi cioè non è soltanto il concreto materiale

- [Pub.] È energia.

- [Per.] È un modello probabilmente energetico, si!

- [Pub.] A proposito dell’alchimia al tempo medievale, cui si riferiva, in letteratura ci sono diversi esempi. Volevo sentire da lei, non so… Dante…

- [Per.] Dante definisce l’alchimia come imitazione della natura, e dunque sembra stare dentro la visione duecentesca dell’alchimia come formazione di metalli perfetti, di metalli nobili a partire dai metalli vili; e anche sembra non particolarmente favorevole all’alchimia, dato che mette all’inferno i due alchimisti (Divina Commedia, Inferno, XXIX, vv. 118-120 Griffolino: "nell’ultima bolgia delle diece / me per l’alchimia che nel mondo usai /dannò Minòs"; 133-139 Capocchio: "sì vedrai ch’io son l’ombra di Capocchio, / che falsai li metalli con alchimia: / e te dee ricordar, se ben t’adocchio,/ com’io fui di natura buona scimia"). Però poi c’è tutto un filone di letteratura esoterica, che interpreta Dante e la Commedia come un poema alchemico che appunto, secondo me, va nell’ordine dell’intendere l’alchimia come metafora di qualcosa d’altro. Si possono trovare delle utilizzazioni della terminologia alchemica: per esempio termini della distillazione nei trovatori; questo mostra che l’alchimia era un sapere più diffuso di quello che noi pensiamo fra il XII e il XIII secolo. Ci sono scambi: la cultura dei trovatori si svolge in ambienti che sono un secolo dopo, certamente propensi ad aprirsi all’alchimia. Per il XII secolo e la prima metà del XIII sappiamo poco, ma per esempio ci sono certamente interessi alchemici alla corte di Federico II.

- [Pub.] Mi veniva in mente di quando si fanno riferimenti alle influenze delle pietre sull’uomo; è un discorso che si può riferire all’alchimia?

- [Per.] Quello delle pietre è un discorso che fa parte sempre della filosofia ermetica però non coinvolge il fare umano. Le pietre semplicemente si incastonano, si portano addosso ...

- [Pub.] Però si polverizzavano.

- [Per.] E poi si possono anche ingerire, sì, quindi c’è tutto un settore di medicina magica, talismani ecc. che fa parte di tutto quell’insieme ermetico cui appartiene anche l’alchimia.

- [Pub.] Anche la perla…

- [Per.] La perla è un esempio interessante.

- [Pub.] Si faceva farina.

- [Per.] Dentro l’alchimia pseudo lulliana c’è probabilmente l’origine di quelle che sono le perle che oggi si comprano noi per gioielli, le perle di Maiorca. Alcuni testi pseudo lulliani insegnano come fare perle che hanno le stesse virtù delle perle naturali (perché la perla ha virtù come farmaco magico ed è estremamente pregiata nella farmacologia medievale). Dunque c’è come una zona di commistione fra gli usi magico-medici e le preparazioni medico-alchemiche dove però si può distinguere, vedendolo anche dal versante dei testi letterari, e riconoscere una visione globale del mondo improntata a quello che appunto dicevo come unitarietà e armonia di tutte le cose, in cui tutto risponde con tutto e dunque le pietre, gli esseri umani, gli animali e le manipolazioni degli uni e degli altri; però il discorso sulle pietre preziose non è ‘alchemico’ in senso stretto.

- [Pub.] Tutto il discorso sulla scolastica e cioè su un linguaggio, una ricerca, una metodologia di progressiva astrazione e quindi, in qualche modo, di una distillazione in cerca dell’universale, è oggetto di critica in questo particolare periodo che tu hai appena descritto. Fra l’altro, nelle immagini molto belle che ci hai fatto vedere, la ricomposizione dell’uno - dove per ricomposizione dell’uno si intende la coniunctio oppositorum - è evidente: argento e oro, la rosa dorata, i semi d’oro e d’argento gettati nel terreno arato dal toro d’oro e d’argento ecc. ecc. Il prodotto di questa unione riunisce in sé i due elementi. Mi veniva spontaneo ricollegare il tentativo del francescano, sbattuto in faccia ad un papa evidentemente indegno della sua tiara, all’immagine di Tobia che ritorna - dopo un percorso alchemico, possiamo dire - per riaprire gli occhi al padre, cioè per fargli ritrovare la giusta ottica sulle cose, se mi si permette la metafora. Questo mi sembrava molto in contrapposizione… quasi come un voler far ritrovare una vera sapienza a chi aveva fatto di una filosofia troppo scotomizzante - e quindi in qualche modo distillatoria - la materia prima. Ecco, come si conciliano queste immagini di aratura e semina, di questi semi doppi, opposti, di questo sole e questa luna, di questo oro e questo argento? Sembra si voglia nuovamente confondere queste cose, unirle, mentre il prodotto di una distillazione, come processo, appare, per lo meno a prima vista, un qualcosa che scotomizza, che tende a liberare impurità successive e quindi a scindere in qualche modo gli elementi fra di loro.

- [Per.] La distillazione degli alchimisti è un separare è uno scindere in vista del riunire. Come per seminare l’oro e l’argento, questo prima non l’ho detto, bisogna averli dapprima purificati, ottenuti nella loro forma pura: cioè il seme d’oro e il seme d’argento non è un pezzetto d’oro o un pezzetto d’argento presi dalla miniera o dalla sabbia, ma è l’oro e l’argento naturale purificato alchemicamente. Dunque la distillazione alchemica è un processo di purificazione e di separazione per la riunione per riunire. Ora dall’altra parte, io dubito che si possa definire l’astrazione scolastica come distillazione. Astrarre il concetto dal fantasma, estrarre la species tecnicamente dal fantasma non significa (penso a Tommaso come esposizione esemplare), non significa propriamente prendere il fantasma come qualcosa che c’è già. La struttura concettuale non c’è come tale, non è come l’osso nella polpa che quindi io devo estrarre, ma è qualcosa che l’intelletto agente, una delle due potenze razionali dell’anima intellettuale, produce a partire dal fantasma; cioè che l’intelletto agente fa trasformando la potenzialità dell’intelletto possibile in attualità del concetto. Dunque c’è come una sostituzione a livello di conoscenza razionale di ciò che è stato portato fino ad un determinato livello, quello appunto dell’immaginario, a partire dal sensibile (l’oggetto sensibile colpisce il senso, il quale recepisce ovviamente in maniera materiale perché è colpito passivamente e poi trasmette al sensorio comune e alla fantasia, alla sede dell’immaginazione in cui l’immagine è smaterializzata, ma questa ancora non è l’astrazione, non è il concetto, è immagine del singolare). Il concetto è qualcosa che viene costruito dall’intelletto agente a partire dallo stimolo offerto dal fantasma di questo singolare, un qualcosa che mi permette di tornare in maniera diversa all’oggetto. Cioè è un concetto universale, è un’attività creativa quella dell’intelletto agente, non un’attività distillatoria. L’ultimo prodotto che io ottengo e che Tommaso chiama il verbum interius, la parola interiore, non ha più legame effettivo con l’oggetto, me lo rappresenta ma non è derivato dall’oggetto.

- [Pub.] Caso mai contiene tutti gli oggetti possibili.

- [Per.] Caso mai contiene tutti gli oggetti possibili, ma li contiene in una maniera per cui non contiene nessun oggetto non è in relazione di dipendenza da nessun oggetto. La distillazione che fanno gli alchimisti, invece, è una separazione delle componenti della materia che sono in ogni sostanza materiale data. Le cose sono composte quantitativamente secondo un più e un meno, cioè formano dei composti che sono instabili, che sono non perfettamente temperati; e l’alchimista separa queste componenti e le ricompone secondo una proporzione che è quella del temperamento perfetto, quindi dell’equilibrio. Per cui non toglie e non aggiunge, ma rimescola, fa circolare - dice per esempio il Rupescissa - questa quintessenza che si ottiene dalla distillazione. Nel testo classico sull’alchimia distillatoria, il Liber de consideratione quintae essentiae di Giovanni da Rupescissa, si insegna a mettere il vino, il prodotto di partenza in un vaso chiuso ermeticamente. Il sigillo di Ermete (le nostre chiusure ermetiche derivano in ultima istanza da esso) era un tipo particolare di amalgama, con il quale si tappavano i vasi. Quindi si chiude in un vaso chiuso, sigillato ermeticamente e lo si mette sul fuoco in modo che prima una parte si separi e poi ricada sulla sostanza di sotto; poi si procede a separare la seconda frazione – come diremmo oggi - e la terza e la quarta (corrispondenti ai quattro elementi, terra, acqua, aria, fuoco). Questa circolazione si fa cento volte, mille volte: i numeri sono come puramente indicativi, stanno per un numero tendenzialmente infinito di volte e questo continuo circolare fa sì che il prodotto che si ottiene alla fine che sia lo stesso materialmente di quello che si aveva all’inizio, ma trasformato nella sua propria quintessenza. Cioè in quella matrice della sua realtà elementare che a questo punto è splendent - dice il Rupescissa, e aggiunge - è splendente di colore azzurrino e se a quel punto tu apri il vaso, tu sentirai un profumo così meraviglioso che tutti gli uccelli che svolazzano nei dintorni, accorreranno tutti lì dentro attratti anche loro da questo profumo. Cioè è un prodotto che non ha più nulla del prodotto materiale che era stato inserito all’inizio, eppure non è niente di diverso da quello. Questo non è neanche lontanamente paragonabile al processo dell’astrazione e della conoscenza per astrazione in Tommaso.

- [Pub.] Un’altra cosa. Nelle immagini che si sono viste, il rapporto coi due poteri, quello temporale e quello spirituale, è rappresentato in forma storico allegorica semplicemente oppure c’è una differenza, per cui il potere temporale impersonato dall’imperatore ha, agli occhi dell’alchimista, maggiori possibilità di incontro con l’opus, dato che gli viene consegnato il volume - ancora una volta doppio, mezzo d’oro e mezzo d’argento -, mentre il papa, con quell’orina quasi sbattuta sugli occhi, sembra irrimediabilmente condannato a un tuffo nella materia prima?

- [Per.] È una domanda interessante. Nel manoscritto io ho sempre letto le immagini come richiami a personaggi specifici, anche perché per esempio rispetto al rapporto con il re c’è, sia la dedica del Testamentum, sia la leggenda, sia un sacco di notizie storiche relative. Quindi non mi sono mai chiesta in questi termini se, tendenzialmente l’alchimista ha maggior feeling col potere non ecclesiastico. Di fatto è così, storicamente è così, cioè fino nella modernità le corti, o almeno alcune corti, si aprono alla ricerca alchemica, mentre invece la chiesa chiude con la condanna di Giovanni XXII e poi dell’Inquisitore, dunque nel ‘300. Però è interessante come elemento su cui pensare.

- [Pub.] In una delle immagini c’è una figura con uno strumento musicale. Che cosa c’entra la musica nel processo alchemico? È uno strumento di contatto con qualcosa di superiore?

- [Per.] Dicevo che quella è, che io sappia, la prima raffigurazione, e del resto nella tradizione testuale medievale non c’è cenno a questo. È un qualcosa in più che, anche in quell’immagine, potrebbe essere semplicemente legato alla raffigurazione convenzionale di Hermes, Mercurio, però certamente suggestivo della collocazione ermetica del sapere alchemico. Ora c’è un testo dei primi decenni del ‘600, l’Atalanta Fugens di un alchimista tedesco, Michael Maier, in cui per la prima volta la corrispondenza di alchimia e musica è messa a tema. L’Atalanta Fugens è costruito come una serie di motivi, di emblemi alchemici ai quali corrisponde una serie di ‘fughe musicali, fughe nel senso tecnico della parola, che illustrano anche nella forma il tema del titolo. Atalanta inseguita da Ippomene fugge, lancia i pomi ecc. ecc. E questo viene preso come simbolo della ricerca alchemica nel suo complesso: ogni punto, ogni stadio dell’opus ha quindi una sua musica. Siamo però in piena epoca barocca, non ci sono riprese successive di questo tema, rimane quest’exploit di Michael Maier neanche particolarmente studiato o particolarmente compreso. Molto suggestivo ma niente di più. Forse è oggi, cioè nell’ambito della ricerca artistica d’avanguardia che questo tipo di suggestione qualche vola si è ripresentato. Però io qui mi avventuro male perché conosco veramente poco di questo tipo di problematiche. Storicamente, l’unica cosa che si può dire è che se c’è un legame, c’è un legame nel nome di Hermes. Il testo di Maier a me fra l’altro dà anche l’impressione certe volte che sia un testo da leggere con una doppia lettura: perché Atalanta, che è poi raffigurata come la terra incinta potrebbe anche rappresentare una critica che Maier fa agli alchimisti del suo tempo. Quindi onestamente non lo so. È un tema sul quale ho visto pochissime ricerche. Ho interpellato qualche amico musicologo ma ho ottenuto solo risposte vaghe relative a qualche compositore contemporaneo. Ma nell’età contemporanea, dopo la ripresa di questi temi col futurismo, quando sul piano della creazione artistica qualcuno teorizza di riallacciarsi oppure di fatto si riallaccia a temi della tradizione alchemica, questo assume un senso diverso dalla riflessione sull’alchimia come fenomeno storico.


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