TOSSICOMANIA: UNINIZIAZIONE MANCATA
Iva Fabbri Il dilagare delluso di sostanze tossiche induce a fare alcune considerazioni sullaspetto simbolico dellassunzione di droghe. Una riflessione sul simbolo può essere di aiuto nellindividuare le cause e la possibilità di soluzione di questo problema così grave e difficile.La vita è come un fiume in perenne movimento: sempre lo stesso fiume,
mai la stessa acqua...
Ed è lequilibrio umano, precario ed instabile eppure preciso come lago della
bussola che indica il Nord.
Luce ed ombra sono in costante tensione.
Lombra sollecita la luce e viceversa alternandosi quasi ritmicamente da una fase
allaltra.
Plutone, dio degli inferi, rapisce Proserpina, figlia di Demetra, e le
somministra una bevanda che le farà dimenticare le sue origini divine affinché rimanga
con lui nel regno dei morti.
La madre disperata invia al dio un messaggero, Mercurio (la memoria),perché le
restituisca la figlia. Ma poiché Proserpina ha bevuto la bevanda delloblio potrà
tornare su nel suo mondo solo in primavera e in estate, periodo in cui Demetra felice dona
alla terra fiori e frutti in abbondanza. Ecco come il mito esprime le due polarità che si
alternano. Una volta rapito nellombra luomo patisce e teme il dolore che essa
reca con sé. Perde la memoria della vita che fluisce nella tensione dinamica luce ombra.
Oppone resistenza, paralizzato dalla paura non si lascia andare da un polo allaltro
ed arresta lintero processo del divenire.
La verità della luce è anelata dallombra dolore: il dolore qualunque esso sia
esige una risposta. Luomo sollecitato dal dolore si pone alla ricerca della verità
dellessere. Ma la ricerca implica un rischio, comporta errori infiniti, tentativi su
tentativi che spesso peggiorano lo stato di disagio; ma appunto rinfocolano il bisogno.
Landito è il respiro umano in qualsiasi strato sociale. Non si vive infatti di solo
pane. Le motivazioni possono essere le più varie, ma la radice rimane sempre la stessa:
la verità del divenire vuole essere.
Prendiamo in esame la tossicomania. Il piacere è la molla primaria che
spinge alla ricerca della sostanza. Ma il piacere di cosa? Di sentirsi calmi o di sentirsi
euforici, comunque di sentirsi diversi.
E un bisogno di passaggio da uno stato ad un altro, di trasformazione male
interpretato che spinge ad assumere la droga. La trasformazione che come simbolo è forza
viva, si parcellizza e si annienta nella sostanza, si pietrifica nel suo aspetto oscuro e
devastante.
Diventa un bisogno inesorabile e distruttivo per il fatto che non se ne riconosce la reale
essenza. Non si intuisce che è il desiderio di vita che muove, cosè come un
potente desiderio di vivere spinge il suicida ad uccidersi. La disperazione di non
percepirsi vivi; cioè in continuo divenire, in continua trasformazione, sollecita
la morte. Non è la morte che il suicida vuole, egli vuole vivere: vuole più vita perché
non vive abbastanza.
Mi è stato detto più volte da chi cercava di smettere che si sentiva vivo solo quando
era alla ricerca disperata di droga: "Più sono disperato, più mi sento". La
casa, la macchina, il lavoro e perfino la ragazza dopo i primi momenti di euforia
diventano banali. Perché Perché la linea di tendenza lungo la quale si muove il
drogato è basata sullavere: "Se avessi la casa, la macchina, il lavoro ecc.
Ma una volta avuto tutto ciò, ricomincia di nuovo da capo: "Non sono contento,
voglio stare meglio". Il problema sta nel "non sono". Non sono, perché non
sono in contatto con il fluire mio e del mondo che mi circonda. Voglio trattenere, voglio
possedere. Ho paura... Paura di perdere ciò che ho, anche se è quasi nulla. E così,
come Creso, ogni cosa che tocco muore. E lago, lo sniffo, la pasticca introducono
nel sangue quella sensazione di mutazione nel flusso dellesistere che lavere
nega. Ma solo per poco. Dietro alla serie di veli del disagio (difficoltà di rapporti,
mancanza di affetti, di amore, di lavoro, di soldi e di quanto la civiltà dei consumi
offre) trapela lultimo ed inesorabile disagio esistenziale: lanelito alla
verità, alla libertà, alla conoscenza di sè e del mondo. In definitiva è il bisogno di
percepire la forza che scorre nei propri succhi vitali e nei propri pensieri e sentimenti
così come scorre nella linfa degli alberi, nel lento crescere delle gemme, nel fluire dei
venti, nel trascorrere ritmico del tempo da una stagione allaltra. La vita.
Negli Atti di Tommaso (vangelo apocrifo del Nuovo Testamento) al capitolo IX si legge:
Lasciai la patria della luce e discesi per un cammino difficile e periglioso."
"Dimenticai di essere il figlio del Re, divenni schiavo del loro capo".
"Dimenticai la perla per la quale ero stato inviato, appesantito dal loro cibo caddi in un sonno profondo".
"I figli del Re mi scrissero per dirmi: - Non dimenticare che sei figlio di re, e hai accettato un giogo di servaggio. Ricordati della perla che devi trovare, ricorda la veste intessuta doro -.
Mi ricordai di essere figlio di re e la mia origine richiedeva che fossi libero, mi ricordai della perla che dovevo cercare.
Andai verso il terribile dragone con degli incantesimi, lo abbattei pronunciando su di lui il nome del Padre mio (1)".
La memoria intessuta doro spinge alla ricerca della perla, la
percezione consapevole della pienezza dellessere in cui luce ed ombra sono
integrate. Nel fluente alternarsi di polarità opposte scocca la scintilla della vita,
così come è realisticamente espresso nel simbolo del Tao. E un processo difficile
e rischioso che esige lincontro con il dragone che vuole arrestare, paralizzare,
pietrificare.
"Dimenticai di essere il figlio del Re". La memoria spinge, stimola la ricerca,
ma è una memoria oscura, perché luomo fraintende. Confonde il senso di totale
pienezza e benessere, che è dato dalla connessione con la dynamis della vita (forza e
movimento), con lappagamento di un ottuso piacere. Nel caso della tossicomania la
ricerca si arresta coatta e ripetitiva al limite della soglia, lincontro con il
dragone viene rimandato a domani, fra una settimana, fra un mese. E sempre
lultimo buco, lultimo sniffo, lultima volta, ma non è mai
lultima.
Il tossicomane rimane paralizzato al di qua della soglia, non la varca. Non incontra consapevolmente il drago assumendo il dolore della rinuncia alla sostanza, lo spasmo del senso di morte che il dolore comporta e ne rimane inconsciamente avvolto nelle spire. Crede di esser libero di scegliere "posso smettere quando voglio" oppure si sente schiacciato da fatti e persone "non ce la faccio, perché...", non sa che è schiavo soltanto di se stesso. Non comprende il senso della ricerca e questa diventa coatta e ripetitiva, lo sbatte nelle piazze come le canne al vento.
A suo modo è un eroe, ma un eroe negativo. Non ha capito che il
desiderio struggente che prova per lassunzione della sostanza altro non è se non un
desiderio di trasformazione, di profondo cambiamento di se stesso. Come il suicida, vuole
la vita e la nega. Rimanda a domani. Non accetta la sua realtà storica: individuale,
familiare, collettiva.
Rifiutando la luce della coscienza che fa male evita il dolore della visione, ignora che
quella luce è forza che ha in sé il germe della risoluzione, perché è luce di
conoscenza.
Ha paura del drago e rimane ipnotizzato dagli occhi del drago. Chiude i suoi occhi
per vedere con gli occhi della sostanza. Prigioniero allinfinito di quella stessa
realtà che rifiuta e potrebbe trasformare se solo capisse che è bene vedere per
ricordarsi di essere il figlio del Re.
"Pronunciando su di lui il nome del Padre mio". La parola...
Essa è strettamente connessa con il pensiero. Parola e pensiero vengono indicati come
logos. Logos è parola che crea, pensiero che crea: forza di creazione; la parola per
essere tale è la manifestazione di coscienza e pensiero.
Al contrario la parola del tossicomane è logorroica, è forza perversa di ottundimento e
di annichilimento di sé e degli altri, annegati come lui in un oceano inarrestabile di
parole. Si parla addosso. Il silenzio è lantidoto.. Il silenzio che nasce dopo i
tormenti per lassenza della sostanza, dopo la disintossicazione fisica, dopo la
rinuncia. Il silenzio nudo e scarno che dapprima fa male, ma poi reca in sé la pace. Nel
silenzio si fa strada sempre più sonora la Parola e con la Parola sorge la Memoria.
Solo allora, presente la Parola, vivida la Memoria, è possibile il rinnovato incontro consapevole
con il Drago e la scoperta della Perla. Ma è un cammino pericoloso.
Il tossicomane esaspera ed amplifica quella comune condizione umana di arresto: la paura
di lasciarsi andare al divenire della vita. Si arresta a metà strada. E al limite
della soglia fra luce e ombra. I suoi movimenti sono paralizzati in un gesto coatto e
ripetitivo che a volte immagina di essere lultimo e che purtroppo rimane il primo di
una lunga serie.
Ed è liniziazione mancata....
Bibliografia
(1) G.VANNUCCI
Il libro della preghiera universale,
Libreria Editrice Fiorentina, 1978, pagg. 35-36