LA VOLONTÀ VITA DELL'ANIMA

 

Inestinguibile fiamma

vive Amore e si dona

nel grembo dell'universo

 

Volontà è vita che si manifesta come corrente d'amore.

È forza di donazione che trasforma il pensiero in azione. Trasforma le nostre idee in azioni secondo un criterio che è frutto dell'intuizione, il lampeggiante potere di pensiero, per mezzo del quale siamo in grado di discriminare, di volta in volta, il nostro agire in seno ad una realtà mutevole.

Se l'intuizione è veramente individuale, si manifesta come la sconosciuta forza che spinge l'uomo a compiere azioni, che lo affrancano dalle leggi della natura, dal dominio di impulsi istintuali ed emotivi. Anche questi sono una forma di volontà, ma si tratta di una volontà coatta, connessa con processi psicofisiologici (istinto di sopravvivenza, volontà di potenza, sessualità, aggressività).

La volontà è strettamente connessa con la libertà. Infatti nella volontà, motivata dall'intuizione, si esprime quella libertà individuale in cui volere e azione morale coincidono. Quando l'intuizione scaturisce realmente dalla peculiarità dell'elemento individuale, sollecita azioni libere.

In questo caso l'uomo usa norme e regole già esistenti, delle quali scopre l'intimo significato, oppure ne crea di nuove, se lo ritiene giusto ed in accordo con il proprio ideale e con la società. Non è costretto ad agire condizionato dalla paura di infrangere leggi esterne o interne, che puniscono o premiano il suo comportamento.

Per leggi interne intendo quegli imperativi inte-riori che sono frutto dell'introiezione di leggi, imposte dall'esterno, ad esempio Dio o la società.

Se l'azione è davvero mossa da un pensiero intuitivo individuale, nel pensare, quando di tale pensare intuitivo siamo consapevoli, coincidono sia il sentimento che la volontà: le tre forze si manifestano come identico potere d'amore.

Possiamo acquistare consapevolezza di quanto in realtà noi stessi siamo sostanza d'amore, quando, facendo tacere ogni voce, interna ed esterna, osserviamo la forza dello spirito che si dona nell'attività pensante, nella quale io, coscienza e pensiero sono strettamente connessi.

Siamo esseri spirituali, perché siamo in grado di pensare. Questa percezione di noi stessi, che normalmente ci sfugge, va coltivata.

Immersi nel sonno dell'incoscienza, dimentichi della nostra vera essenza ci sfugge la vita che, come amore, è presente ovunque.

Possiamo riconoscerla per mezzo del fuoco inestinguibile della volontà, forza di calore, che dissolve con il suo irradiante potere di donazione le tenebre della menzogna.

Con il fuoco della volontà possiamo accogliere e rendere viva la Luce che risplende in noi nel pensiero.

Se con un esercizio costante osserviamo l'attività del nostro pensare e la sperimentiamo come movimento e forza, se, intensificando volitivamente questa percezione, ci liberiamo dalla passività del pensiero condizionato dai sensi, allora ci rendiamo conto che pensiero e volontà sono un unico potere d'amore.

La scissione fra ciò che pensiamo e ciò che facciamo, scissione che normalmente impedisce a tante nostre decisioni di trasformarsi in azioni, si estingue. Il sacrificio, che faremo per tradurre in azione una nostra intuizione, sarà inferiore al piacere, che ci darà l'aver compiuto ciò che volevamo fare.

Sperimentiamo così una volontà intessuta di pensiero ed un pensiero intessuto di volontà. Certo, tutto ciò non è immediatamente realizzabile, rappresenta una meta, ma possiamo iniziare fin da ora a conoscere ed a trasformare noi stessi.

La nostra vita tende alla perfezione, ma in realtà è costellata di errori quotidiani. Siamo sottoposti a, sbagliare, ma l'errore non ci deve paralizzare, né colpevolizzare.

Ogni volta che sbagliamo, possiamo sempre ricominciare tutto da capo: ci assumiamo la responsabilità dell'errore commesso, la cui conoscenza potrà servirci per il futuro, e ripartiamo con perseveranza da zero.

Più intensifichiamo la nostra volontà di autocoscienza nel pensare e più i nostri pensieri si trasformano in azioni che irradiano vita, azioni morali. La luce del pensiero illumina la nostra attività, il nostro agire si espande come calore di donazione nel mondo, amore per noi e per il mondo.

La luce dello spirito, quando venga riconosciuta in se stesso dall'uomo, illumina di calore di vita tutto quanto lo circonda e trasforma il suo rapporto con il mondo.

Nel pensare l'uomo appartiene al mondo dello spirito ed è in comunione con tutti gli altri uomini: la medesima corrente di luce si dona infatti ad ogni uomo.

Nel pensiero è la vita dello spirito, in essa uomo e mondo si appartengono: "Io sono la vite e voi i tralci." (Gv 15,5)

II pensiero comune, razionale ed astratto, è già in se pensiero puro, è possibile diventare consapevoli di questa forza di comunione e di donazione che è in noi: fondamento di ogni pensiero, anche il più banale, è l'ignota forza dello Spirito.

Nel pensiero, ravvivato dal calore di vita della volontà, scopriamo che pensare, sentire e volere sono un unico potere di comunione, un'unica forza d'amore.

Infatti, quando i pensieri sono infiammati dal fuoco della volontà e la volontà è illuminata dalla luce del pensiero, il sentire si purifica: l'uomo si trasforma in un essere libero, ricolmo d'amore.

È un lento e progressivo processo di trasformazione, che esige la massima attività e presenza inte-riore: la nostra volontà va indirizzata al dominio di noi stessi, dei nostri impulsi egoistici.

Di fatto, quando siamo mossi all'azione da istinti e passioni, si manifesta in noi esclusivamente la nostra natura, che è comune a tutta la specie umana. Non siamo noi ad agire, ma la natura in noi ci spinge ad agire. Crediamo di essere liberi e di fare ciò che vogliamo, in realtà siamo schiavi incoscienti dei nostri impulsi.

Trascrivo a questo proposito un brano tratto da 'La filosofia della libertà" di R. Steiner:

"Che l'azione del delinquente, che il male venga chiamato un'estrinsecazione dell'individualità nello stesso senso di un atto che prende corpo dalla intuizione pura, è possibile solo quando gli impulsi ciechi vengono ascritti all'individualità umana. Ma l'impulso cieco, che spinge al delitto, non nasce dall'intuizione e non appartiene a ciò che è individuale nell'uomo, bensì a quanto in lui vi è di più generico e da cui l'uomo si trae fuori con il lavoro del suo elemento individuale. L'individuale in me non è il mio organismo con i suoi impulsi e sentimenti, ma il mondo unitario delle idee che risplende in questo organismo, i miei impulsi, gli istinti, le passioni albergano in me per il fatto che io appartengo alla specie generale "uomo"; la circostanza che in questi impulsi, passioni e sentimenti si estrinseca un elemento ideale in un modo particolare, crea la mia individualità. Per i miei istinti ed impulsi io sono un uomo come se ne trovano dodici per dozzina; per la particolare forma dell'idea attraverso la quale, entro la dozzina, mi disegno come un io, sono un individuo. Per la differenza della mia natura animale solo un essere a me estraneo potrebbe distinguermi dagli altri; per il mio pensare, cioè per l'attivo riconoscimento dell'elemento ideale che vive nel mio organismo, mi distinguo io stesso dagli altri. Dell'azione del delinquente non si può affatto dire che derivi dall'idea. Anzi è proprio la caratteristica delle azioni delittuose

di derivare dagli elementi extraideali dell'uomo"(1)

Gli istinti e le passioni, che influenzano e determinano il nostro agire, ci rendono uomini, "come se ne hanno dodici per dozzina". Sono forze inverse e cadute della volontà e del sentimento, che esigono essere canalizzate e trasformate dalla nostra stessa individualità.

Come la linfa dell'albero si trasforma in fiore, così noi possiamo, volitivamente e consapevolmente, trasformare le nostre caratteristiche naturali, che ci rendono avversi a noi stessi ed al mondo, in una divampante fiamma d'amore.

Nel calore della volontà brilla la luce del pensiero.

 


UNA GERARCHIA DA RISTABILIRE

 

Luce d'amore ci guida

dall'informe caos a nuova vita

 

II male e la sofferenza nascono dall'ordine sovvertito delle tre componenti dell'uomo: spirito, anima e corpo.

Quando questa gerarchia viene sovvertita, l'uomo perde la connessione con la vita spirituale, che gli è intrinseca. Si provocano squilibrio e disordine, la coscienza dell'io si ottunde e l'anima viene sopraffatta dalle forze oscure del sentire e del volere, che rendono l'io sempre più confuso.

Si manifestano tragicamente malattia e dolore e l'avversione diventa, quasi sempre, l'unica forma di comunicazione fra uomo e mondo.

Facendo riferimento ad un'immagine già usata, accade che i cavalli, che hanno solo la funzione di trainare la carrozza, prendono il sopravvento e si appropriano di un potere, che non compete loro, ma è esclusivamente proprio dell'uomo a cassetta.

Se l'uomo non è consapevole di se stesso come presenza sulla Terra dello spirito delle origini, le sue azioni sono dettate soltanto dal soddisfacimento di desideri egoistici. Quando evito di compiere un'azione che mi costa fatica o mi da dispiacere, cerco solo il soddisfacimento del mio piacere sotto l'impulso della brama ed evito addirittura di chiedermi se essa poteva essere giusta per me e per il mondo.

Ciò che è natura in me si appropria delle mie forze di pensiero e mi spinge ad agire secondo una volontà istintiva alla ricerca esclusiva dell'esaudimento dei miei desideri.

Come abbiamo visto, crediamo di essere liberi, ma in realtà non lo siamo.

Possiamo comunque conquistare ciò che abbiamo perduto ed era nostro: la libertà dello spirito.

È un processo lungo, fatto di ascese e cadute, e poi ancora di cadute e di ascese. È la dinamica vivente della vita. La tragicità e contemporaneamente la forza e la bellezza dell'essere umano. Nulla è mai definitivo, possiamo sempre ricominciare indistruttibili, instancabili come l'araba fenice che risorge dalle sue stesse ceneri. Quello che credevamo impossibile, può diventare possibile, anche se difficile. È un lento processo di trasformazione che riporta in alto ciò che è caduto in basso. Mai disperare. Basta voltare pagina e scrivere un nuovo capitolo della nostra vita, anche un attimo dopo aver commesso l'errore più imperdonabile.

La nostra vita è una spirale che si evolve lentamente verso orizzonti sconfinati.

Per quanto tragica, dolorosa, sbagliata possa essere è sempre possibile trasformarla, anche se è bene non escludere la possibilità di nuovi dolori, nuovi errori... Questi non ci devono impressionare, fanno parte integrante del processo stesso di crescita.

Tutto si evolve, tutto si trasforma. Ne abbiamo esempi viventi in natura: il seme che diventa pianta, il bruco che si tramuta in farfalla...

Per uscire dal caos è necessario connettersi con quello stato di calma interiore, che costituisce la nostra essenza fin dalle origini, "luce dell'universo, perfetto dal principio", come canta un mantra tibetano.

È necessario avere fiducia nelle nostre forze, tale fiducia deriva dalla consapevolezza della presenza dello spirito in noi, "lo stato del principio senza ostacoli"(2), al quale tutte le volte diamo un nome, anche se non ce ne rendiamo conto, quando pronunciamo la parola io.

Fra tutti gli animali l'uomo è quello che viene curato dalla madre più a lungo nel tempo, più o meno fino ai venti anni. Poi, come tutti gli altri animali viene lasciato a se stesso. Mentre nell'animale l'istinto, che è possibilità di sopravvivenza, si manifesta in uno stato di innocenza, nell'uomo assume caratteristiche, che non sono solo di sopravvivenza, ma possono essere anche distruttive per sé e per gli altri. Ecco perché è necessario continuare il processo di educazione, iniziato da chi si è preso cura di noi: applicandoci a finalizzare e trasformare le forze istintuali ed emotive, attraverso prove ed errori, scopriamo la nostra stessa essenza spirituale.

Propongo qui di seguito alcuni esercizi, che possono aiutarci a prendere sempre più coscienza di noi stessi e del nostro mondo interiore (3):

equanimità: al mattino immaginiamo che la nostra giornata sarà vissuta in un'atmosfera di equanimità, qualità che cercheremo di sviluppare sempre il più possibile; per equanimità si intende la possibilità di mantenere un atteggiamento di calma di fronte a qualsiasi avvenimento, sia esso piacevole o spiacevole.

 

Positività: sempre al mattino dedichiamo tutta la nostra giornata a voler scoprire in ogni fatto o persona un aspetto positivo, per quanto spiacevoli possano essere o mostrarsi.

 

Spregiudicatezza: come per i primi due, decidiamo di porci di fronte a qualsiasi avvenimento o incontro della giornata senza pregiudizio alcuno; anche se sappiamo che per il passato si sono manifestati in quel certo modo, che per esperienza conosciamo bene, siamo aperti al fatto che possano essere cambiati.

Questi esercizi vanno eseguiti nella successione descritta per un periodo di una settimana ciascuno, ripetendo il primo, quando si fa il secondo, ed i primi due, quando si fa il terzo. È importante tenerli il più possibile presenti alla nostra coscienza durante la giornata. Possono aiutarci a riconoscere e trasformare istinti ed emozioni, che normalmente hanno il potere di sovvertire l'equilibrio dell'anima.

L'equanimità infatti ci educa allo sviluppo della costanza e della perseveranza ed ha come scopo la quiete dei pensieri. Con la positività eliminiamo ogni critica negativa e superflua nei confronti dell'individuo e dell'ambiente e sviluppiamo la tolleranza, infine con la spregiudicatezza attiviamo fede e fiducia verso i fenomeni della vita.

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti la concentrazione tende a sviluppare la consapevolezza della forza spirituale che è nel pensare, induce ad un maggior controllo dei pensieri al fine di regolarne il corso e l'esercizio di volontà impulsa una volontà pura che ci rende coerenti negli atti volitivi, ci permette cioè   di realizzare le decisioni intuite che ci

fanno individuare nel fluttuante divenire le azioni giuste al momento giusto.

Tutti e cinque gli esercizi, eseguiti in ritmica successione (concentrazione, volontà, equanimità, positività, spregiudicatezza) sviluppano qualità che si manifestano in sintesi come equilibrio ed armonia della vita dell'anima (4). Infatti attivando il controllo della nostra coscienza sugli istinti e le emozioni, ci abituiamo sempre di più a non reagire secondo schemi fissi.

Ci accorgeremo ben presto nella pratica quotidiana di quanto ben poco siamo presenti a noi stessi. Ma questa è un'ulteriore consapevolezza: sbagliando si impara.

Non dobbiamo avere paura di sbagliare. Il voler essere a tutti i costi perfetti pietrifica la nostra volontà in un ideale morto ed asfittico. L'errore può essere il nostro migliore maestro.

Quando ci facciamo prendere dalla paura di sbagliare, ci identifichiamo con la paura stessa e le diamo il potere di paralizzare ogni moto della nostra volontà. Noi abbiamo paura, non siamo la paura, il che è profondamente diverso.

Anche se ci accorgeremo che non eseguiamo gli esercizi come vorremmo, perché siamo ancora deboli, è bene continuare a farli. Anche se in effetti ce ne dimentichiamo o li eseguiamo male non dobbiamo scoraggiarci, ma continuare: svilupperemo così una "tensione a" che impregna il nostro essere e realizza col tempo la qualità di ogni esercizio.

È possibile trasformare il caos dissonante in armonia e ritrovare l'equilibrio interiore.

Ritmo ed armonia costituiscono la vita ed il respiro dell'anima. Inspiriamo consapevolezza della presenza della sostanza spirituale dell'io ed espiriamo forza d'amore nel mondo: sostanza e forza che sono la manifestazione di un unico potere. In tal modo ristabiliamo l'antica connessione con il ritmo delle forze cosmiche che si manifestano ovunque nell'universo.

Tenendo presente che l'errore fa parte del nostro cammino, ci educhiamo a vivere una vita armoniosa, che si eleva come ardente preghiera nel mondo.

Nel ritmo dell'universo io vivo.

 


LA PREGHIERA

 

Fiamma inesaurìbile

arde l'anima

al cospetto di Dio

 

La preghiera della rana... Si narra che un santo, disturbato nella sua preghiera dal gracidio di una rana, le ordinò di tacere, ma nel silenzio una voce gli suggerì che forse in quel modo anche la rana pregava. Le ordinò allora di gracidare di nuovo e si accorse che tutto il creato, a modo suo, elevava preghiere al Signore(5).

La vita è una preghiera continua, ma non ce ne accorgiamo. Ogni gesto è preghiera, ogni azione può essere preghiera...

La preghiera più alta è quella senza parole: ardere di donazione nel silenzio.

Quando facciamo silenzio dentro di noi, ascoltiamo la voce del Signore, altrimenti sommersa nel turbinio dei pensieri, che si susseguono senza tregua.

Bisogna metterli a tacere ed ascoltare...

Ci accorgiamo che lo Spirito si manifesta ovunque.

Nel silenzio tacciono le richieste dell'ego, assurde e meschine; pregare per ottenere il soddisfacimento dei nostri desideri egoistici è la più infelice delle preghiere e difficilmente sarà esaudita. Se proprio

vogliamo chiedere qualcosa, l'atteggiamento giusto è quello del Cristo nell'orto degli ulivi: "Padre, se vuoi allontana da me questo calice, tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". (Le 22,42)

Messa a tacere ogni richiesta egoistica, nel vuoto più totale siamo in connessione con le forze del mondo spirituale e nella calma della nostra anima siamo già esauditi. La pace scende nei nostri cuori. Tale preghiera, spoglia ed essenziale, ha il potere di guarirci. Ci inserisce in quel flusso di vita spirituale ed onnipresente, dal quale ci eravamo staccati.

Quante volte nel dolore e nella disperazione abbiamo pronunciato una preghiera, resa intensa dalla sofferenza, e per un attimo il dolore è stato lenito? Poi ce ne siamo dimenticati e tutto è tornato come prima... Quel magico momento che ci univa al divino è rientrato nella corrente della vita banale di tutti i giorni. Quel sentimento di pace che ci aveva rasserenati è scomparso.

Dobbiamo imparare a trasformare tutta la nostra vita in un atto di preghiera, di connessione continua con lo Spirito.

La vita è un miracolo, basta osservare noi stessi ed il mondo: il miracolo di un fiore, di un'alba, del sorriso dei bimbi, di ogni nostro gesto... Eppure i nostri occhi sono chiusi: siamo diventati ciechi.

Come possiamo aprirci alla visione del miracolo che avviene ogni istante? Quando intensifichiamo la nostra volontà e la concentriamo su un qualsiasi processo di pensiero, possiamo percepire in esso la forza miracolosa che lo muove.

Quella forza è la trascendenza del pensiero: in essa siamo uno con lo Spirito. La forza spirituale che

percepisco viva nel mio pensare è la stessa forza che vive in ogni uomo ed è connessa con la trascendenza dell'io.

Portare tale consapevolezza nella vita quotidiana è vivere nella preghiera continua. Ogni nostro gesto, ogni nostra azione saranno illuminati da un atto di consacrazione al mondo. Atto che rende la vita degna di essere vissuta.

Se con il ricordo andiamo indietro nel tempo e ci soffermiamo ad osservare la nostra vita, ci rendiamo conto che quella trascendenza ci ha accompagnati e ci accompagna tuttora. Nonostante gli errori commessi non ci ha mai abbandonati. È il miracolo della immanenza divina che percepiamo nella continuità della vita.

La nostra vita poteva essere preghiera e non ce ne siamo accorti, al punto tale da oscurare il miracolo con le nostre azioni sbagliate. Vivevamo come fiamme oranti nella luce e non ne eravamo consapevoli.

Di questa luce che possiamo percepire viva nel nostro pensare, possiamo illuminare il presente e perfino il futuro.

Quante volte ci domandiamo ansiosi come sarà il domani che si presenta oscuro e misterioso?

Se ci ricordiamo della luce, che non ci ha mai abbandonati, e che tuttora vive in noi e la proiettiamo nel futuro, illuminiamo le tenebre dell'ignoto. Ci rimettiamo con fiducia alla forza dell'elemento originario in noi che ci ha guidato con amore, perfino e soprattutto, nei momenti più tragici e dolorosi.

Porteremo così la nostra coscienza come preghiera viva incontro al futuro e di essa ogni nostra azione sarà intrisa.

Il calore della presenza divina, che ci ha pervasi

nel passato, è luce che va incontro al futuro e lo illumina di fiducia e di speranza.

La nostra vita può essere una preghiera continua che collega passato, presente e futuro in un anelito consapevole e cosciente di abbandono e di donazione allo spirito.

Le avversità, che ci fanno così tanta paura, sono illuminate dalla certezza che è presente in noi, manifesta nel nostro pensare, una forza che ci riscalda e ci fortifica. Con tale certezza possiamo superare qualsiasi evento: anche il più doloroso.

Nessuno è mai abbandonato dall'amore e dal calore luminoso dello spirito. Nessuno è mai solo!

Ogni gesto, ogni pensiero, ogni azione possono diventare intensa preghiera nella consapevolezza che da noi stessi si irradia nel mondo l'amore divino.

Il vivere quotidiano si trasforma in fiamma inesauribile di donazione e di accettazione in accordo con la volontà dello spirito, che vive e si manifesta nella nostra coscienza.

Se osserviamo il passato, riconosciamo nella nostra esistenza la scintilla dell'Io, che nonostante gli errori e le debolezze ci ha sorretti fino ad ora. Essa si immerge luminosa nel futuro, che già si fa incontro al presente nella veste oscura e paurosa dell'ignoto.

Possiamo coltivare, come ardente preghiera, la percezione di quella scintilla fino a sperimentarla come una fiamma possente, che riscalda ed illumina tutta la nostra vita. Essa attiva una ferma e determinata volontà, che infonde amore in ogni espressione umana.

Silente ascolto la Parola del Dio Vivente.

---------------------------------------------------------------

Note

1   Steiner Rudolf, La filosofia della libertà, Antroposofica, Milano 1966, pp 137 - 138.

2   Namkhai Norbu, Dzog-chen lo stato di autoperfezione, Ubaldini Editore, Roma 1986, pp. 36-53.

3   Scaligero M., Manuale pratico della meditazione, Teseo, Roma 1972, pp 147 - 151. 51

4   Hiebel  R, Tempo  di decisioni con  R. Steiner, Edizioni Arcobaleno, 1988, pp 199, 201, 211.

5   De Mello A., La preghiera della rana, Edizioni Paoline, 1989, pp. 15, 16.

Torna a Sommario