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Il Labirinto: La via dei misteri

 

La vita si rafforza con la morte.

(Novalis)

Ecco il mio segreto.
E' molto semplice: non si vede bene che col cuore.
L'essenziale è invisibile agli occhi

(A. Saint-Exupéry)

L'INTERIORIZZAZIONE DEL RITO COME VIA DI USCITA DALLA POSSESSIONE

".....................

Ma la volpe ritornò alla sua idea:
"La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..."
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
"Per favore...addomesticami", disse.
"Volentieri", rispose il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".
"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"
"Che bisogna fare? Domandò il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino...."
Il piccolo principe ritornò l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi con il cuore..........Ci vogliono i riti.!"
"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata," disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore.... ....Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" Disse la volpe, "...piangerò".
"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe,"il colore del grano".
Poi soggiunse:
"Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto".....
...E ritornò dalla volpe.
"Addio", disse.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"....
(52)

In una comunicazione fatta ad Eranos sul significato psicologico del rito, Neumann mette in luce l'aspetto simbolico del rito come simbolo della trasformazione e ne accentua il significato di percorso come attivazione di forze archetipiche funzionali al processo di individuazione.
Secondo Neumann "....l'uomo glaciale non ha cercato il luogo del culto, ma lo ha incontrato attraverso il proprio inconscio, o meglio, l'inconscio ve lo ha condotto nel corso di un evento che, come ogni avvenimento originario e fondante, si è svolto contemporaneamente a livello interiore ed esterno. Rito significa prima di tutto, percorso, tanto che ancora oggi usiamo il verbo compiere per riferirci tanto al rito quanto al percorso. Probabilmente il gruppo primitivo, o il Grande Individuo che ne era il capo, che abitava presso il labirinto di gallerie, era affascinato e attratto dalle oscure viscere della montagna, allo stesso modo in cui l'uomo di oggi subisce il fascino e l'attrazione del buio interiore della propria anima. Ora, questa attrazione è di tipo numinoso, perché il fascino dell'archetipo entra in azione nell'oscurità dell'inconscio ed è là che l'uomo lo avverte da sempre ed allo stesso modo".(53)
Egli introduce un'ipotesi molto affascinante a proposito del rituale umano. Infatti intuisce che il rituale non solo presenta analogie con l'istinto animale, ma addirittura vi affonda le sue radici, ovviamente si intendono per istinto potenze archetipiche inconsce.
"Se seguiamo le azioni istintive che determinano una tale trasformazione (bruco-farfalla), diventa sempre più evidente che la singola unità vitale (sia essa uovo, bruco o farfalla) è talmente sovradeterminata dall'istinto che la transpersonalità del mondo istintuale non potrà sfuggire neppure all'osservatore più sprovveduto........Non ci troviamo piuttosto già davanti a una sequenza generazionale omogenea di individui che si sviluppa in una successione di singoli animali, diversi e individualizzati?
Questa unità transpersonale non governa soltanto l'evoluzione di successivi esseri mutanti, ma si manifesta anche come soggetto dotato di una chiara visione complessiva riferita alla vita comunitaria di taluni gruppi, quali, per esempio, le api, in cui attua una divisione del lavoro.
Quest'ultima proprietà risulta evidente soprattutto in quegli istinti che sono posti al servizio della diffusione della specie e in forza dei quali un singolo essere compie istintivamente atti in previsione di un futuro che non vedrà mai e che si riferiscono a situazioni spesso del tutto estranee al mondo e alle esigenze di chi le compie, mentre sono invece tipiche dell'ambiente in cui dovrà vivere la sua discendenza.
Il soggetto di questo sapere transpersonale attivo nell'istinto, dotato di esperienze specifiche e finalizzato direttamente dagli istinti, non può essere che il gruppo, o il genere o la specie. Riferito alle singole individualità, esso è di natura transpersonale, eterna (in quanto supera il tempo e lo spazio in cui vive ogni individuo), cosciente del mondo e del suo funzionamento e onnipotente, perché da esso dipendono vita, morte e rinascita del singolo essere.
Questo soggetto sconosciuto potrebbe essere definito, in termini psicologici, "Sé di gruppo", in analogia con l'istanza attiva nel singolo individuo che chiamiamo "Sé"
(.....) L'analogia degli istinti pre-rituali con il rito umano consiste nel fatto che, in entrambi i casi, una realtà spirituale collettiva impone la sua forza transpersonale alle azioni del singolo. Il suo carattere cogente e indispensabile alla sopravvivenza consente all'istinto, o al rito, di guidare il gruppo, senza che né esso, né i suoi membri siano minimamente in grado di comprendere il significato dei propri comportamenti.
Nel mondo animale gli istinti sono vissuti e seguiti senza giungere al livello di rappresentazione o di riflessione cosciente che caratterizza invece il rito umano".(54)
(...) "solo nell'uomo emerge una potenzialità del tutto nuova di compiere e di sintetizzare esperienze più ampie di quelle istintuali".
"Il suo sviluppo ci conduce dal primitivo rituale di gruppo della preistoria, che si svolge quasi esclusivamente nell'inconscio, sino alle forme più evolute, in cui la distanza dall'istinto e la partecipazione della coscienza sono massime. Ma anche laddove il rituale si è elevato al livello simbolico, più vicino quindi alla coscienza, esso non è mai un'azione cosciente, poiché la sua base archetipica rimane sempre l'elemento predominante.(...)
E' stato più volte, e vivacemente, descritto quali sentieri avventurosi, pericolosi e lunghi dovevano essere percorsi dall'uomo per giungere alle caverne, usate come luoghi di culto (...)
Che cosa può aver indotto questi primi uomini a esporsi volontariamente a tali e tanti rischi e a cercare simili luoghi di culto?
Siamo qui in presenza dell'archetipo della Via dei Misteri, al cui termine è posto un evento trasformatore che si compie nel luogo sacro, nello spazio centrale, nell'utero della Grande Madre. Questo luogo di trasformazione può però essere raggiunto soltanto percorrendo un sentiero iniziatico che si snoda attraverso un labirinto pieno di pericoli mortali da cui è precluso ogni orientamento da parte della coscienza".(55)
Infatti come abbiamo già accennato nei capitoli precedenti, qui risulta evidente il percorso, indicato da una serie infinita di miti, che conduce l'uomo dalla luce del giorno alla luce dello spirito attraverso il buio profondo della notte dell'anima.
E' questo il primo passo verso la consapevolezza, per il momento mitica. Dal buio degli istinti si viene lentamente enucleando la luce della coscienza. Si compie il primo movimento che condurrà poi nel tempo all'interiorizzazione del rito.
Dal momento che percepisce i vivi e i defunti come un'unità facente parte del gruppo, il primitivo scopre che il mondo dei defunti fa da ponte con la sfera numinosa invocata del rituale.
"Ecco perché, in ogni iniziazione, bisogna morire, passare cioè attraverso la morte, il Nulla. La funzione creatrice del Nulla non svolge infatti solo un ruolo importante nel misticismo, ma, in quanto rappresenta il luogo creativo della psiche, si proietta anche in forma mitica come regno dei morti o degli antenati, come cielo o mondo sotterraneo.
Perché la vita si rafforzi, il vecchio si rinnovi e il nuovo si realizzi, occorre passare per il paese dei morti, che è anche sorgente di vita: ogni nascita è, infatti, una rinascita, e ognuna di esse è resurrezione e ritorno dal regno dei morti.
L'espressione di Novalis: "La vita si rafforza con la morte", non deve essere letta in modo romantico, bensì mitologico. Sacrifici e offerte, feste e invocazioni sono tributati in continuazione a questo luogo mitico, dove vita e morte sono intrecciati indissolubilmente. Ogni iniziazione implica la conoscenza di questa sfera transpersonale e della sua legge fondamentale, secondo cui ogni vita deve essere compensata con una morte(...)
L'obiettivo finale del rito, da cui dipende anche il suo successo come apportatore di grazia e di risultati, è infatti quello di sintonizzare il gruppo con il numinoso, con gli archetipi che dirigono la vita inconscia".
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Nello studio dello sviluppo del rituale, secondo il pensiero di Neumann. si passa quindi da una fase di rituale, molto simile al prerituale animale, ad una fase in cui la ricchezza rappresentativa è maggiore ed è accompagnata da simboli e riti che favoriscono una presa di coscienza sempre più ampia, fino ad arrivare ad una relazione cosciente con il transpersonale.
"Nel corso dello sviluppo dell'umanità, il ruolo dell'individuo diventa sempre più importante e si avvia quel processo dialettico tra gruppo e singolo creativo che, al suo termine, vedrà il rituale collettivo integrato e sostituito dal rito fondato dal singolo".(57)
Si passa così da un rituale, compiuto passivamente in cui si esplica il massimo della tendenza ripetitiva dell'istinto, a rituali in cui si sviluppano sempre più la ricchezza rappresentativa e la presa di coscienza.
Il rito si collega al mito e si fa sempre più ricco di simbolismi.
"Azione rituale, simbolo che si autorappresenta e interpretazione mitica formano insieme l'unità religiosa in cui l'uomo prende coscienza del complesso degli effetti archetipici del rituale e, nella rappresentazione simbolica dell'azione, egli giunge a confrontarsi con se stesso, in un atteggiamento tipico di chi ha raggiunto ormai la piena coscienza".(58)
E' questo il momento in cui l'umanità entra in relazione cosciente con il transpersonale e vive la propria esistenza in questa nuova dimensione.
Secondo Neumann, quando iniziano ad avviarsi i processi di individuazione, quando cioè ogni uomo si avvia ad essere per tali processi un iniziato, accade che il rafforzamento della coscienza porta alla scomparsa del rito; ma poiché diventa sempre più difficile rimanere collegati col rito collettivo originario, si cerca di accentuarne il carattere rigenerativo.
Il conflitto fra sfera profana e perdita della dimensione spirituale di gruppo viene ricomposto dallo sviluppo di forme religiose superiori e sfocia nei riti misterici.
Con lo sviluppo della coscienza il rito si avvia dunque all'autoscioglimento, si sgretola l'energia archetipica, che prima era attiva nel rituale, si trasforma gradualmente in presa di coscienza delle basi archetipiche simboliche.
L'originaria unità di rito, arte e realtà sociale (arte, religione, scienza) non esiste più.
Secondo M. Eliade è in questa separazione tra spazio sacro e spazio profano che la realtà si desacralizza. Il sacerdote diventa il custode del limite sacro ed è l'unico predestinato ad avere rapporti con il numinoso; da qui nasce la frattura, dolorosa per l'umanità, fra individuo creativo e sacerdote.
"Fiorisce il ritualismo. Sempre più distaccato dall'uomo, il rito è ormai celebrato senza il supporto di un processo psichico analogo all'interno dell'individuo, cosicché si trasforma in un evento "a sé stante", in uno spettacolo dove gli archetipi agiscono ancora senza però essere più mossi da un moto corrispondente all'interno dell'uomo. Ciò garantisce al rituale una rappresentabilità esterna; ma la teofania ostentata nel rito non trova più una corrispondente realizzazione nell'intimo dell'individuo".(59)
Da allora in poi l'umanità si sforzerà di opporsi ad un rituale, in cui l'uomo è solo un semplice spettatore, secondo due differenti linee di tendenza.
Da una parte una corrente profetico-mistica tenta di porre l'individuo al centro dell'esperienza rituale, dall'altra una tendenza illuministica vuole restituire dignità alla coscienza. Entrambe le correnti, secondo Neumann, confluiscono nel rito moderno dell'individuazione. Egli sostiene infatti che nell'uomo di oggi il fenomeno del vero rituale si manifesta solo in tre situazioni tipiche: nel processo creativo, nella malattia psichica e nel processo di individuazione.
"Nella malattia psichica e nel processo di individuazione si rivela l'originaria funzione protettiva del rito. L'archetipo in fase di rivelazione viene infatti incanalato entro un sistema ordinatore, non già predisposto dalla coscienza, ma costellato dall'archetipo stesso che, come l'istinto, porta in sé il proprio ordine.
In questo senso il rituale è simile a un sistema d'irrigazione, tramite il quale le correnti primordiali dell'inconscio affluiscono alla personalità. L'immagine........perché riflette sia l'aspetto creativo del rituale, di fecondazione della personalità, sia quello difensivo, di protezione dalla minaccia di sommersione da parte dell'archetipo. Mentre nella malattia è più accentuato quest'ultimo aspetto (pensiamo soprattutto alle nevrosi e alle sue varie forme di rifiuto), nel processo di individuazione risalta, invece, la parte creativa del rito. E non è difficile dimostrare come si passi continuamente da un aspetto all'altro(...)
La divisione fra soggetto ed oggetto, che si era consumata tra il singolo e il gruppo a causa di una coscienza incentrata esclusivamente sull'Io, viene ora sostituita dalla creazione di una struttura psichica in virtù della quale il singolo, nonostante la sua avvenuta individualizzazione, affonda le radici profondamente nell'inconscio collettivo del gruppo. L'individuo stesso diventa così un luogo sacrale nel quale, in segreto, si celebra il rito che collega il singolo con il gruppo e in cui "si svolge" simbolicamente il futuro creativo di entrambi (...)
Nel rito individuale, libertà e necessità si collegano infatti in un'unità creatrice, dove la personalità è insieme soggetto ed oggetto della vicenda. Ritorna così sul piano individuale quanto avevamo già riconosciuto valido per lo stadio originario, cioè che la capacità dell'individuo di eseguire il rito è legata alla sua transpersonalità. Nel momento in cui, attraverso il processo di individuazione, lo sviluppo della propria psiche gli traspare come una vicenda di iniziazione e di trasformazione, l'uomo scopre di essere un'entità rituale e che la sua stessa vita è una vicenda rituale (...)
Il mondo creativo del numinoso si rivela nello spazio interiore della psiche e l'Io individuale a cui il numinoso appare, è un esecutore sacro. In questo modo, però la vita del singolo perde il suo carattere individuale per trasformarsi in una vicenda simbolica. Non soltanto il processo di individuazione, ma tutta la vita rivela il proprio carattere rituale.
Compiere un rito significa camminare, e al centro del processo di individuazione sta la scoperta consapevole che i riti e i loro esecutori, il viandante e la via, sono una e la stessa cosa; o che, per usare un'espressione paradossale, il viandante è la via che percorre se stessa".(60)
Non è forse questo lo stesso processo che A. De Saint Exupéry ci mostra così vividamente nell'incontro fra il piccolo principe e la volpe?
L'istinto, la volpe, chiede di essere addomesticato e l'addomesticamento suscita il ricordo che è Memoria e Coscienza: "non si conoscono se non le cose che si addomesticano". Per realizzare questo stato ci vuole un rito, che crea un ritmo e sviluppa dati dell'anima. Il ritmo, che è manifestazione di ritmi cosmici, contribuisce a creare la consapevolezza dell'immanenza del trascendente. Ed è evidente che per l'uomo moderno è un rito interiore che si celebra nello spazio interiore di Io, pensiero e coscienza.
Il "cuore" dell'istinto e la conoscenza dell'Io conducono all'intelligenza del cuore: "l'essenziale è invisibile agli occhi".
L'istinto, forza strutturante archetipica, si propone all'uomo, chiede ed esige coscienza, sviluppa il ricordo della Memoria, porta infine alla scoperta della Perla.
Tutto quanto abbiamo scritto finora mostra le possibili direzioni che il Numinosum indica nel corso del Tempo, come via di uscita per spezzare il tetto della casa, all'uomo che ha perso il contatto con la propria intima essenza.


Note

  1. - Saint-Exupéry A. - Il piccolo principe, Bonpiani, Milano 1986, pagg. 93-98

  2. - Neumann E. - Il significato psicologico del rito, in Il Rito, Quaderni di Eranos, Edizioni RED, Como 1991, pag. 14.

  3. - Neumann E. - Op. Cit. pag. 10-11.

  4. - Neumann E. - Op. Cit. pag.13.

  5. - Neumann E. - Op. Cit. pag.19.

  6. - Neumann E. - Op. Cit. pag. 29.

  7. - Neumann E. - Op. Cit. pag. 27.

  8. - Neumann E. - Op. Cit. pag. 32.

  9. - Neumann E. - Op. Cit. Pag. 49