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Mauro Mugnai

Introduzione

AQUILA1.jpg (21984 byte)Parleremo di Alchimia, argomento quanto mai oscuro alla maggior parte di noi, argomento fantasioso che è entrato nel luogo comune come per esprimere un concetto astruso fondato su niente, frutto di menti bizzarre e non scientifiche. Ebbene uno dei motivi per cui siamo qui è proprio per cercare di sfatare questo luogo comune e, soprattutto, cercare di creare interesse o almeno curiosità per un argomento che sta ritrovando nuove interpretazioni, che ha influenzato e influenza la Psicologia, l'Arte, la Letteratura, la Religione e da pochi anni, sorprendentemente, perfino il mondo scientifico e in particolare la Fisica Ufficiale che ha elaborato addirittura un nuovo approccio metodologico. L'idea dei "Frattali", come espressione dinamica e geometrica del Caos, della "Meccanica Quantistica" e della "Relatività", fanno parte di questo nuovo metodo. I frattali espressione grafica della congiunzione del mondo matematico e il mondo puramente estetico della natura, possiedono una caratteristica, quella di essere dotati di "ricorsività infinita". Ciò significa che la loro struttura geometrica si ripete continuamente in natura, con qualsiasi scala di ingrandimento li si voglia vedere, sempre uguale e tuttavia sempre diversa a se stessa. La fisica quantica abolisce la distinzione fra energia e materia, dimostra come in realtà l''osservatore' sia un partecipante all'esperimento atomico, che può esercitare degli effetti sulle particelle stesse. Fritjof Capra nel suo libro "Il Tao della Fisica" ad un certo punto dice: "La teoria dei quanti rivela un'unicità di base dell'universo. Mostra che non possiamo scomporre il mondo in unità piccolissime dall'esistenza autonoma. Via via che si penetra nella Materia, la natura non ci mostra nessun 'fondamento di edificio' isolato, ma appare piuttosto come una rete complicata di relazioni fra le varie parti del tutto. Il ruolo che l'osservatore riveste in queste relazioni è sempre e necessariamente essenziale. L'osservatore umano costituisce sempre l'anello finale della catena dei processi di osservazione, e le proprietà di qualunque oggetto costituito da atomi possono essere comprese solo in termini di 'interazioni dell'oggetto con l'osservatore'. Questo significa che l'idea classica di descrizione obiettiva della natura non è più valida [...]. Nella fisica atomica, non si può mai parlare della natura, senza parlare, allo stesso tempo, di noi stessi."
Non solo la fisica atomica porta avanti le idee di coscienza e di unità. La teoria del 'Caos' apre la possibilità che una piccola azione possa determinare effetti che si ripercuotono sull'universo intero, definito sinteticamente come 'effetto farfalla'.
I vecchi e rigidi confini fra mente e materia possono essere superati, perché nulla si crea né si distrugge, ma si trasforma. Queste nuove premesse scientifiche sono molto vicine a quelle su cui si basa l'Alchimia; per questo pare possibile che essa possa ancora fornire nuove intuizioni scientifiche.
Da un punto di vista etimologico la parola Alchimia, secondo l'opinione più diffusa, deriverebbe dall'arabo "Al-Kimiya". Con tale termine gli arabi intendevano "l'arte di fabbricare l'oro e l'argento partendo da metalli diversi o vili."
Nei testi che ho consultato, anche autorevoli, non c'è chiarezza sull'origine del suo significato. Tutti insistono sull'origine araba dell'articolo determinativo al, tradotto  'il', mentre molto meno chiara appare la seconda parte della parola, Kimiya, di origine incerta, ma che comunque non appartiene alla lingua araba, forse all'egiziano o al greco. All'egiziano perché sarebbe da ricondursi al termine "Chem" che significa "nero" con riferimento alla terra d'Egitto resa nera dal Limo alluvionale del Nilo (mi sembra peraltro importante e non casuale l'accostamento tra l'arte della trasmutazione e l'aspetto fertile della terra e quello fecondante del Nilo). Altri invece ritengono che la derivazione più probabile sia dalla parola greca "Chyma" con significato di "mescolare" collegata al processo di fusione del metallo.Cervo e unicorno.jpg (25513 byte)
Vorrei però proporre un'altra interpretazione, un'interpretazione "alternativa" e un po' esoterica, nata da un'intuizione di René Guénon, che mi pare molto stimolante e degna di essere ricordata. Tale parola, sembra solo apparentemente di origine araba, ma meglio sarebbe dire che gli arabi hanno mantenuto il termine che invece trae origine dalla radice greca che significava "mescolare". Questa a sua volta sarebbe la traduzione greca di un termine egizio, Kemet, che connota l'Egitto come 'terra nera', in opposizione alla 'terra rossa' del deserto. Erodoto definisce l'Egitto 'dal terreno nero'. Si deve ricordare, infatti, che "l'Egitto, - scrive Plutarco - che ha la terra così nera, viene chiamato con lo stesso nome della parte nera dell'occhio, Chémia, e viene paragonato al cuore: perché è caldo, umido e si insinua tutto a meridione, ossia nel territorio di sinistra del mondo abitato, come il cuore sta nel lato sinistro dell'uomo, poiché per gli Egizi l'Oriente rappresenta il volto del mondo, il Settentrione il lato destro e il meridione quello sinistro". D'altronde, secondo lo stesso Plutarco, il cuore mentre rappresentava l'Egitto, al tempo stesso rappresentava il Cielo: "Gli Egizi - egli dice - raffigurano il Cielo, che non può invecchiare perché è eterno, con un cuore posto su un braciere la cui fiamma ne alimenta l'ardore". "Cosicché - scrive René Guenon - il cuore (Chémia) è, ad un tempo, il geroglifico dell'Egitto e quello del Cielo". "In Egitto si sostiene - scrive ancora Plutarco - che Osiride è il Nilo che si congiunge con la Terra, simboleggiata da Iside, fecondandola. [...] I sacerdoti più sapienti non solo chiamano il Nilo Osiride [...], ma sono anche convinti che Osiride rappresenti senz'altro il principio e la natura dell'elemento umido in sé, origine della vita e sostanza fecondante. [...] Il mito vuole che Osiride avesse la pelle nera, perché l'acqua scurisce ogni cosa in cui viene assorbita, terra, vesti, nuvole". Egitto, dunque, come originale luogo di incontro tra Cielo e Terra, luogo del sacro rapporto tra la terra Iside e il dio Nilo Osiride, dove si può soltanto intuire che esso rappresenta il "sito recettoriale" della divina, nera, forza fecondante e trasformante la Terra. È facile vedere, da questo, l'omologia Cielo-Terra (ciò che è in basso così come ciò che è in alto) e considerato che l'Alchimia vuole ristabilire questo contatto, mi sembra evidente, salvo qualche ragionevole dubbio, il suo originale significato.
Comunque sia, l'Alchimia è l'Arte della Trasmutazione. L'Alchimista, con il suo lavoro, cerca di produrre nel materiale su cui sta operando, cioè la Materia Prima, una serie successiva di mutamenti per condurlo da uno stato grezzo a uno stato perfetto e incorruttibile. Uno stato che può essere espresso, in una forma semplice ed esemplificativa, come la trasmutazione del metallo vile in oro. L'oro perché è il più perfetto dei metalli: è incorruttibile, non si ossida, né è distrutto o alterato dal fuoco, che può soltanto raffinarlo e purificarlo.
Ma io non voglio entrare troppo nei dettagli più intimi dell'Alchimia, mi limiterò a fare un'introduzione storico-culturale.
Innanzitutto vorrei premettere che non è assolutamente facile né, forse, possibile, dare una definizione dell'Alchimia completa e non obbiettivabile. Questa costituisce una tradizione sapienziale particolarmente difficile da comprendere, sia perché si esprime principalmente con simboli mitologici che non consentono mai una definizione precisa e univoca. Sia per la difficoltà di constatare in modo oggettivo il frutto presunto delle straordinarie trasformazioni alchemiche. Sia perché la storia dell'Alchimia investe un raggio molto ampio, sia dal punto di vista spaziale che temporale essendo praticata nella società orientale, araba e occidentale, da più di duemila anni. L'Alchimia inoltre ha attratto una grande quantità di persone, animate dagli intenti più disparati. Alcuni erano interessati dall'aspetto più scientifico o intimamente chimico, altri erano attratti invece dall'aspetto simbolico o filosofico.
Per altri ancora si poteva aprire la possibilità di produrre farmaci realmente efficaci o una ricchezza enorme. È per questo motivo che l'Alchimia non può avere una trattazione univoca. Essa, anche se la sua struttura costitutiva principale non si è modificata, ha subito nel corso dei secoli varie modificazioni interpretative a seconda della cultura e delle motivazioni di chi l'ha praticata. Ogni alchimista ha voluto dare del proprio, ha aggiunto immagini non sempre coincidenti tra loro, e a volte ha detto e scritto tutto e il contrario di tutto, sempre combattuto dalla necessità di tenere nascosti ai "non iniziati" i segreti della "Grande Opera". Tutto ciò costituisce un aspetto particolarissimo e importante dell'Alchimia, che io trovo basilare, perché come gli alchimisti anche gli studiosi di Alchimia descrivono e definiscono la Tradizione Alchemica in base alle proprie inclinazioni e alle proprie tendenze culturali, ed è inevitabile che ciò avvenga, perché non esiste un'interpretazione "obbiettiva" dell'Alchimia. È indispensabile, nell'avvicinarsi ad essa, tener conto, contemporaneamente delle tre dimensioni di cui è composta: la dimensione scientifica, la dimensione psicologica e quella spirituale. L'Alchimia, infatti, per molti e forse anche per alcuni alchimisti, è soltanto l'Arte di fare l'oro o tuttalpiù un tentativo iniziale di una chimica irrazionale e magica. Ma se l'Alchimia non fosse altro che questo, in accordo con le parole di Mircea Eliade, non potremmo darle credito e, soprattutto, sottovaluteremmo l'intelligenza di chi per millenni ha vissuto per essa. Se l'oro fosse stato l'unico fine perseguito dagli Alchimisti non sarebbe possibile comprendere la loro pretesa saggezza. Sebbene, comunque, non sia possibile sapere con certezza quali siano le cause storiche che hanno determinato la nascita delle pratiche alchemiche, è certo però che l'Alchimia non si è costituita, come disciplina autonoma, partendo dall'intenzione di fabbricare l'oro. È noto infatti che, fin dal XIV secolo a. C., i popoli mesopotamici conoscevano le tecniche metallurgiche per raffinare l'oro. Pensare di collegare a questo una disciplina che ha ossessionato il mondo occidentale per duemila anni significa non solo dimenticare la straordinaria conoscenza che gli antichi avevano dei metalli, ma anche non riconoscere la serietà delle loro capacità intellettuali e spirituali. Il pensiero scientifico greco possedeva, come tutti noi sappiamo, una straordinaria capacità di sintesi e di analisi razionale, mentre ciò che colpisce di più nei testi alchemici è proprio l'assenza di spirito scientifico.
materia prima.jpg (31793 byte)Se dunque l'Alchimia non nasceva solo dal desiderio di produrre l'oro, né soltanto dalla ricerca scientifica, dove dobbiamo cercare le origini e le autentiche motivazioni di questa disciplina particolare? Essa, secondo un'interpretazione tra le più affascinanti proposta dallo storico delle religioni Mircea Eliade, sembra costituire il risultato dell'incontro di una corrente esoterica rappresentata dai Misteri, come il Neopitagorismo e il Neoorfismo, dall'Astrologia e dallo Gnosticismo, con le tradizioni delle tecniche metallurgiche più antiche dei Fabbri, legati magicamente al Cielo e alla Terra da conoscenze rivelate , e custodi dei segreti dei mestieri come è avvenuto anche in Cina con il Taoismo e in India con il Tantrismo. È, presumibilmente, nell'antica concezione della Terra Madre portatrice dei minerali 'embrioni' e soprattutto con il lavoro dell'uomo impegnato a estrarre i metalli dalla miniera, alla fusione e alla forgia che si deve cercare una delle fonti principali dell'Alchimia, perché l'uomo arcaico modificando con il fuoco la materia si sostituiva in qualche modo alla Madre Terra o, comunque, ne continuava l'Opera.
La scoperta dei metalli ha contribuito a determinare un rapporto magico tra l'uomo e la matrice della terra nella quale sono germogliati i minerali. Ha influito considerevolmente sulla condizione dell'uomo arcaico, determinando una modificazione profonda del concetto che l'uomo aveva di sé nel Cosmo. Ha costituito uno dei più forti fattori di spinta dell'evoluzione mentale, psichica e intellettiva, e della civiltà umana. Il metallo meteorico caduto dal Cielo poi determinava un contatto altrettanto magico tra l'uomo e il Cosmo rendendolo partecipe di una realtà eterna, permettendogli di compiere magici tentativi di unificazione di quel Cosmo che la creazione aveva diviso. L'uomo ha cominciato lentamente a prendere coscienza della disgregazione del Reale determinata dalla Creazione e da questo momento, anche con metodi diversi, mentali e religiosi come l'alchimia, tenderà sempre nella sua storia a ritrovare quell'unione originale del Reale, quel momento di inizio adamitico che condizionerà ogni simbolo, ogni mito, ogni cultura, sia in oriente che in occidente. Si elaborarono delle tecniche metallurgiche che al tempo stesso costituivano dei Riti, dei Misteri in quanto implicavano la sacralità del Cosmo e si trasmettevano attraverso Iniziazioni. L'iniziazione ai Misteri consisteva nel partecipare alla passione, alla morte e alla resurrezione di un dio, che il neofita sperimentava direttamente in modo simbolico. La finalità dei Misteri era la trasmutazione dell'uomo. Attraverso l'esperienza della morte e della resurrezione iniziatiche, l'uomo come il dio diveniva immortale.

I simboli grafici architettonici cominciarono ad esprimere una peculiare concezione della realtà rappresentata dalla omologia totale tra il Cielo e il Mondo. Questo implicava non solo che quanto esiste sulla terra esiste anche in Cielo, ma che a ogni cosa presente in terra ne corrisponde una identica in Cielo sul cui modello ideale è stata realizzata. E questo concetto ha seguito nei secoli un filo comune che ha tenuto unita l'evoluzione mentale dell'uomo da Platone alla scuola alessandrina con Ermete Trismegisto e la Tavola di Smeraldo, al Vangelo di Giovanni, a Dante, a M. Ficino e alla filosofia neoplatonica, a Giordano Bruno, alla tradizione indiana e cinese fino ai nostri giorni. I fiumi, le montagne, le città, i templi, che non sono altro che l'immagine stessa del Cosmo, esistono realmente a vari livelli Celesti. Una Gerusalemme Celeste è stata creata da Dio prima che la città di Gerusalemme fosse costruita dall'uomo, è scritto nell'Apocalisse del profeta Baruc. Tutto ciò che è conosciuto, tutto ciò che è reale segue questa legge magica delle corrispondenze. Il cosmo è diviso in regioni governate dagli Dei, regolate dai pianeti. Tutto ciò che succede in una zona celeste succederà anche sulla terra e sull'uomo che si trova sotto la sua influenza. Un certo metallo corrisponde a un certo pianeta. Anche gli oggetti, in quanto creati dall'uomo, possiedono un significato magico. I fatti e i gesti dell'uomo, poiché si ricollegano a oggetti considerati magici, saranno regolati da leggi sacre. Gli atti sono trasformati in riti.mercurio.jpg (23557 byte)
Poiché tutto ciò che esiste sulla terra esiste anche in Cielo, era inevitabile una corrispondenza tra il corpo umano e il Cosmo, una corrispondenza microcosmo-macrocosmo.
La cultura greca fu influenzata profondamente da queste magiche corrispondenze mesopotamiche tra uomo, pianeti, dei e metalli.
Anche l'origine storica non è possibile fissarla con precisione. Essa fa la sua comparsa nel mondo occidentale intorno al I - II secolo d. C., ma esistono testimonianze, sempre secondo alcuni storici e in particolare Eliade, di tecniche alchemiche o pre-alchemiche legate comunque alla fusione mistica dei metalli almeno mille anni prima. Diventa quindi cruciale per gli storici capire e scoprire quando ci fu tale separazione, quando cioè l'Alchimia diventò una disciplina autonoma dalla semplice (si fa per dire) lavorazione e fusione dei metalli.
Comunque sia, attualmente, la maggior parte degli studiosi ritiene improbabile un'origine unica dell'Alchimia, anche se ci sono sostenitori dell'origine Egizia, Cinese, o Ellenistica. Nonostante che i primi documenti alchemici risalgano, come si è detto, intorno al I secolo della nostra Era è da presumere che si sia sviluppata, prima di rendersi manifesta, anche e soprattutto, attraverso la tradizione orale con un lento processo di affinamento e fusione di teorie nate in tempi e in luoghi differenti, con il concorso scambievole delle culture occidentali, o comunque Ellenistico-Alessandrina, e orientali.
Secondo la tradizione antica, infatti, le tecniche alchemiche furono rivelate agli uomini da un dio o comunque da un personaggio semidivino come Ermete Trismegisto o nella tradizione mitologica greca che, forse derivata e trasformata da quella indiana o cinese, attribuiva alla dea Cibele la rivelazione agli uomini dei "Misteri" della metallurgia. ( il cui rito, secondo Mircea Eliade, servirà, con il "Mistero" della morte e della resurrezione di Attis, da modello all'alchimista per operare anche sulla materia e determinare la sua redenzione).

Una versione particolarmente significativa di questa tradizione ci è tramandata da uno dei primi alchimisti a noi noti, Zosimo di Panopolis, vissuto in Egitto nel II secolo d. C. che attribuisce alla dea Iside la rivelazione agli uomini dei misteri dell'Alchimia che le erano stati a sua volta svelati da un Angelo corrotto che si era invaghito di lei. Un testo simile è possibile ritrovarlo anche nel libro di Enoch, un apocrifo dell'Antico Testamento scritto nel II secolo a. C.
Più tardi, mentre in Oriente e particolarmente in Cina si continuò senza interruzione a praticare le tecniche alchemiche come ritroviamo nel Taoismo, in Occidente, con la decadenza dei Misteri dell'antichità, intorno al V-VI secolo la Tradizione Alchemica Occidentale cadde in declino, rimase però e continuò solo nel mondo arabo a cui dobbiamo la conservazione e la traduzione dei testi antichi, soprattutto ellenistici che presumibilmente sarebbero andati irrimediabilmente perduti per sempre. Gli Arabi svilupparono l'Alchimia e riuscirono a influenzare l'occidente europeo del XII secolo (tracce di questo fenomeno le ritroviamo nelle cattedrali gotiche), destando nuovamente l'interesse per l'antica tradizione. Ma essi fecero molto di più. Svilupparono la tendenza più razionale che avrebbe portato alle scoperte chimiche vere e proprie. L'Islam rappresentò il custode e il punto di incontro delle diverse correnti alchemiche orientali e occidentali antiche. Quindi l'Alchimia medievale, che nel XII secolo divenne autonoma come scienza, non fu più la stessa praticata mille anni prima, ma presumibilmente fusa con concetti orientali e forse anche Taoisti. Dobbiamo a Marsilio Ficino nel 1463 la traduzione per Cosimo dei Medici del Corpus hermeticum attribuito a Ermete Trismegisto a cui si riferirà continuamente nei sui scritti. Ma l'opera più importante del Ficino rimane: il "De vita coelitus comparanda", in cui compendia la sua visione dei molteplici piani di una realtà, dove le immagini celesti sono segni e non cause, espressioni dei divini concetti, simboli dell'anima mundi, dell'armonia del mondo, dell'anima, delle stelle, dei demoni.

Di questo gigantesco sistema l'uomo diventa il "faber" che muta, che opera, che capta e imprigiona le forze del cielo per restituire la vita, per creare magici effetti. L'uomo può arrivare a vedere il cielo popolato di figure, a loro volta distribuite in altre immagini corrispondenti a quelle stesse del mondo inferiore. A questi stessi scritti si riferirà spesso G. Bruno, come nella sua opera, "Spaccio della bestia trionfante".
I testi degli antichi alchimisti sono scritti in uno stile volutamente oscuro e apparentemente sconclusionato, ornati di immagini simboliche stupefacenti ricorrenti nell'immaginario collettivo di ogni epoca, espressione dell'enorme potenza "magica" coinvolgente, presente nel processo alchemico. Sta di fatto che l'Alchimia era definita da Ruggero Bacone: "La scienza che insegna a trasformare ogni genere di metallo in un altro" e secondo un alchimista arabo del Medioevo: "Per mezzo di quest'arte, quei metalli che sono imperfetti nella miniera vengono ricondotti dall'imperfezione alla perfezione, dalla corruzione all'incorruttibilità." Tale trasformazione si ottiene mediante la "Pietra Filosofale" o "L'Elisir" la cui realizzazione costituisce quindi la meta finale della "Grande Opera".
Ma a partire dal XIV secolo l'Alchimia assume anche un altro aspetto, perché oltre a perfezionare i metalli, l'Elisir svolgerà un'analoga opera di perfezionamento sul corpo umano.
Comunque sia, oggi sappiamo che non è giusto ridurre l'Alchimia alla pura e semplice pretesa di fabbricare l'oro o di produrre una medicina per prolungare la vita e sappiamo che gli alchimisti stessi, nel tramandarci quest'immagine certamente bizzarra della loro Arte, hanno occultato coscientemente o incoscientemente altri significati. Solo i numerosi studi compiuti negli ultimi decenni ci hanno restituito una prospettiva più completa, consentendoci finalmente di comprendere che l'Alchimia è stata qualcosa di diverso e molto di più: una regola di vita, una ricerca di esperienze trascendenti, un modo particolare di porsi nei confronti della Natura.

Dobbiamo forse al chimico francese dell'800 Marcelin Berthelot la riscoperta dell'importanza di un approccio diverso all'Alchimia. drago_1.jpg (26498 byte)Da allora infatti si sono sviluppate molte ricerche di studiosi con obbiettivi e metodi diversi che si distinguono, principalmente, in tre direzioni.
La prima considera l'Alchimia come sistema filosofico e religioso. I rapporti tra l'Alchimia e il Taoismo, lo Yoga, l'Ermetismo , il Sufismo e il Cristianesimo sono stati oggetto di studio di diversi autori come Mircea Eliade, di Andrè-Jean Festugère, di Henry Corbin.
La seconda considera l'Alchimia come conoscenza magico-esoterica. Su questo piano di interpretazione si collocano,tra gli altri, pur con posizioni personali diversificate, Julius Evola, René Alleau, Titus Burckardt e René Guénon e più recentemente da Antoine Faivre.
Una terza direzione di studi considera l'Alchimia come dimensione dell'immaginario. Gli aspetti irrazionali dell'Alchimia hanno attirato l'attenzione di alcuni studiosi della psicologia del profondo, da Herbert Silberer a Carl Gustav Jung e Marie-Luise Von Franz.
Quindi l'Alchimia, l'Alchimia Tradizionale, consiste in una disciplina che comporta un lavoro fisico, di laboratorio, psicologico e spirituale, in quanto il metallo vile su cui si opera e l'oro prodotto possono anche essere interpretati come simboli dell'uomo che è alla ricerca del perfezionamento della sua natura.
Vorrei concludere con le parole di Paracelso, medico e alchimista del XVI secolo : "La vera Pietra Filosofale si trova senza dubbio nell'inespugnabile fortezza della verità [...]. Tale pietra sembra vile, disprezzabile ed esecrabile alla gente comune, ma per i filosofi è più preziosa di qualsiasi gioiello [...]. E il cammino della verità, che rigenera e rivitalizza ciò che non esiste più, facendolo tornare ciò che era prima della corruzione, tramuta ciò che non è in ciò che dovrebbe essere. L'oro dei filosofi che rende ricchi i Saggi non è certamente l'oro con cui si coniano le monete".


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