I DOLORI
DELLANIMA
Il disagio indifferenziato delluomo di
oggi ha quindi pienamente a che fare con la perdita dellanima, di quellaspetto
sacro che con la sua presenza rende la vita carica di senso.
Come al solito cercherò attraverso il racconto di un caso di entrare nellesperienza
di quanto detto dal punto di vista teorico.
Luigi è un uomo di 50 anni, fa il rappresentante da 30 e si è avvicinato alla
psicoterapia, su consiglio del suo medico, per risolvere uno stato depressivo che gli
rendeva oramai difficile affrontare lesistenza quotidiana.
Vedovo con un figlio, si presentava come una umile persona ferita che chiedeva ai farmaci,
prima, ed a me, ora, di guarirlo. La crisi, a suo dire latente da tempo, si era acuita in
questo periodo per la morte della madre e anche a causa del calo del lavoro dovuta alla
crisi del settore in cui opera.
Le sicurezze che lo avevano sostenuto fino ad allora erano crollate: il denaro lo
proteggeva e la madre lo rassicurava con la sua presenza, allimprovviso si è
trovato proiettato in una vita più crudele di quella che si fosse immaginato e augurato
di poter vivere.
Raccontando la sua vita, seduta dopo seduta, si veniva delineando un personaggio
tuttaltro che depresso e ferito; aveva diverse relazioni affettive che gestiva con
grande maestria e che utilizzava per la propria sopravvivenza. Non con cattiveria o con
loschi fini, ma la presenza di molti rapporti era la rappresentazione evidente della sua
insicurezza di fondo. Le gratificazioni che ne riceveva rappresentavano la risposta
alleterna domanda che Luciano, ma luomo in genere si pone di fronte al mondo:
Sono amato? E se si quanto?
Le risposte che otteneva non erano mai esaustive dei suoi bisogni.
Labitudine alla facile seduzione, come lui la definiva, lo
rendevano coatto in questo meccanismo: molte conquiste, molti bisogni.
Il meccanico bisogno infantile di essere amato era una droga che andava assunta con
regolarità, pena la sofferenza derivata dalla crisi di astinenza.
Fra le tante relazioni, una era più importante delle altre, ma faceva fatica a decollare
perché soffocata dai dubbi e dalla difficoltà ad abbandonare le altre. Scegliere voleva
dire rinunciare a molte gratificazioni e se poi fosse andata male? Meglio tenere tutto!
La progressiva perdita economica veniva a rappresentare una perdita di energia concreta
che lo incitava a reagire, ma non trovava questa forza dentro di sé. Le ristrettezze
economiche, sosteneva gli impedivamo di fare scelte, ma di fatto le energie interiori non
riuscivano ad esprimersi e preferiva attingerle dai tanti rapporti piuttosto che produrne.
Con il passare delle sedute tutte queste donne cominciarono a diventare sempre più
rarefatte e la sua attenzione si rivolgeva sempre di più verso quella più importante che
era, a differenza delle altre anche libera, senza legami, e con cui avrebbe potuto
stabilire, volendo, con maggior facilità una relazione costruttiva. Ma un giorno Luciano
mi portò un sogno:
"era con la sua donna importante, alla televisione cera un bambino di
circa dieci anni che parlava. Egli veniva sempre più attratto da quello che diceva questo
ragazzo: più lo guardava, più riscontrava tratti familiari su quel volto che appariva in
televisione, e sempre di più si accorgeva di essere lui. Questo interveniva dallo schermo
con grande sicurezza e pur non ricordandosi che cosa dicesse, Luciano era sempre più
colpito dalle parole del bambino".
La sua situazione interna stava cambiando, a colloquio con la sua anima finalmente
differenziata dai mucchi di femminili gratificanti riusciva ad ascoltare ora quello che il
suo bambino interiore gli stava comunicando. La relazione con lanima ritrovata,
salvata dal cicaleccio dei femminili indifferenziati che lo trattenevano nella dimensione
infantile della gratificazione senza costrutto, permetteva alla sua voce interiore di
parlare sicura anche se ancora aveva una sfumatura di irrealtà come hanno tutti i
programmi televisivi.
Questo dialogo comunque ebbe il suo effetto e le energie giovanili che tornavano in gioco
produssero un sensibile beneficio nella vita di Luciano; prese altre rappresentanze di
generi complementari al suo e ricominciò con grinta a prendere appuntamenti e a creare
nuove occasioni di lavoro.
Attualmente, anche se ancora con un atteggiamento non del tutto lineare, sta cercando con
la sua donna importante un appartamento dove poter ricostruire un nucleo affettivo,
un nido da cui spiccare il volo verso nuove attività commerciali da aggiungere a quelle
che ha ricominciato a svolgere.
La vita, addormentata dal ripetersi dellelemento gratificante, attraverso il
colloquio interiore, ha ritrovato quelle energie giovanili che lo portano, si fa per dire,
a rischiare.
In questa storia, comunque, lelemento a più alto rischio è il rapporto con
laltro dove laltro non può rimanere solamente un oggetto gratificante al
nostro servizio, ma diventa laltro polo di un dialogo che ci può portare lontano,
nei pressi della nostra anima. In questo caso lunione psichica corrispondente
allunione reale provoca il risveglio di quel bambino che ha ancora energie da
vendere e voglia di mettersi in mostra. Tutto ciò a servizio dellesperienza di un
uomo adulto di cinquanta anni.
Il caso di Luciano è il caso di tutti, quando la depressione ci assale, la voglia di
lottare ci abbandona, è segno che stiamo facendo unoperazione repressiva nei nostri
confronti.
Nella comunicazione precedente parlammo in modo generale del bambino
che vive dentro di noi, in questa abbiamo incontrato il bambino di Luciano, ed ora vorrei
continuare a fare ulteriori riflessioni su questo tema utilizzando questa volta il mio
bambino.
Mi rendo conto che ho difficoltà a mostrare il bambino che ho dentro di me; resisto a
mostrarlo, il pudore delle sue sensazioni e delle sue emozioni è la rappresentazione di
quanto io lo senta inadeguato a rappresentarmi nella realtà che mi vuole forte e capace.
Allora il bambino resta dentro di me nascosto, carico di vergogna e mistero, potremo
definirlo il mio elemento esoterico personale, il mio mistero.
Sono convinto che le attese e le aspettative del mio periodo di bambino siano ancora lì
presenti e che anni danalisi di riflessioni e di studi in fin dei conti non
labbiano neanche scalfito nel suo nucleo profondo; egli continua a pretendere, a
chiedere, a immaginare visioni del mondo che sono sempre un po più in là rispetto
a dove, con grande fatica, io riesco ad arrivare.
Lui è il motore della
mia esistenza; la sua sofferenza corrisponde alla mia disattenzione in rapporto ai suoi
bisogni.
La società decide che da una certa età in poi si debba diventare grandi e che è
arrivato il tempo di interrompere il rapporto con la fase precedente, ma questa pretesa è
assurda, vuota di significato, la forma che ci viene richiesta di assumere è
unidentità costruita su convenzioni che non conserva, in molti casi, la Memoria di
ciò che sperava di poter essere. Le scelte devono essere ragionate e mostrare buon senso.
Quanti morti ha fatto il buon senso!
Lordine e la passione, sono due eserciti che lottano nel nostro
animo e che non hanno mai la possibilità di fermarsi ad un tavolo per aprire trattative o
per sancire una tregua.
Se ci voltiamo indietro vediamo che quel bambino era vivo brillante ed ora noi siamo
realizzati, seri e responsabili e forse dopo questa considerazione anche un po
depressi.
Ma quando riusciamo, perché la vita ce lo chiede, a riflettere su questo, quanta dolcezza
e quanta malinconica tenerezza ci afferra il cuore e allora la memoria erompe con tutto il
suo potere e ci abbandoniamo a sogni e fantasticherie; questo dura di solito solo un
attimo. La realtà ci riporta ad ora e la memoria si annebbia di nuovo e tutto ricomincia
daccapo.
I sogni vanno ascoltati dice Jung essi sono "la piccola porta occulta che conduce
alla parte più nascosta ed intima dellanima, aperta
sulloriginaria notte cosmica che era anima assai prima che esistesse una coscienza
dellio (
) col sogno noi penetriamo nelluomo più profondo, universale,
vero ed eterno, ancora immerso in quella oscurità della notte primitiva in cui egli era
il tutto e tutto era in lui..."
Se ascoltassimo la memoria di quel bambino, i suoi ricordi e le sue aspettative di vita,
che cosa succederebbe di noi?
Verrebbe da pensare che tutto ciò che noi ricordiamo delle gioie e dei dolori della
nostra infanzia, siano elementi da considerare come simboli, potenzialità vibranti di una
realtà profonda da realizzare.
Hilmann nel "Codice dellanima" parla a proposito di
questo del concetto della ghianda:
"La teoria della ghianda dice che io e voi e chiunque altro siamo venuti al mondo con
unimmagine che ci definisce. E questa forma, questa idea, questa immagine non
tollerano eccessive divagazioni. La teoria della ghianda sostiene che ciascuna persona sia
portatrice di ununicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima
di potere essere vissuta. Noi nasciamo con un carattere; che è dato; che è un dono, come
nelle fiabe dalle fate madrine al momento della nascita".
Hillman ne parla oggi, ma già Platone, nel mito di Er, e Plotino
parlavano di ciò nelle loro opere.
Secondo Plotino, noi ci siamo scelti il corpo, i genitori, il luogo e la situazione di
vita adatti allanima e corrispondenti alle sue necessità.
In questo contesto il concetto Junghiano di vocazione, che abbiamo già visto in altre
occasioni, assume unimportanza ed una pregnanza diversa.
"Avere una vocazione, dice Jung, nel suo significato originario vuol dire essere
guidati da una voce. (
) La voce interiore è la voce di una vita più piena, di una
coscienza ulteriore più ampia. Nella voce interiore, linfimo e il sommo,
leccelso e labietto, verità e menzogna spesso si mescolano
imperscrutabilmente, aprendo in noi un abisso di confusione, di smarrimento e di
disperazione. (
) Luomo che, tradendo la propria legge, non sviluppa la
personalità, si è lasciato sfuggire il senso della propria vita. Fortunatamente la
natura, benevola e indulgente, alla maggior parte degli uomini non ha mai messo in bocca
la fatale domanda sul senso della loro vita.
E quando nessuno domanda, non occorre che qualcuno risponda"
Antonio Tirinato
Firenze,27\3\99