Home Page >> Banca Dati
:: Banca Dati

 RISULTATO DELLA RICERCA

Titolo Film

LA FORESTA DI SMERALDO

Anno

1985

Titolo originale

EMERALD FOREST

Durata

110

Origine

USA

Colore

C

Genere

AVVENTURA

Formato

SCOPE A COLORI

Produzione

CRYSTAL FILMS

Distribuzione

MEDUSA DISTRIBUZIONE - DOMOVIDEO, RICORDI VIDEO, BMG VIDEO

Regia

JOHN  BOORMAN      

Attori

POWERS  BOOTHE      BILL MARKHAM
MEG  FOSTER      JEAN MARKHAM
YARA  VANEAV      HEATHER PICCOLA
WILLIAM  RODRIGUEZ      TOMMY PICCOLO
ESTEE  CHANDLER      HEATHER MARKHAM
TETCHIE  AGBAYANI      CAYA
CHARLEY  BOORMAN      TOMMY
ARIEL  COELHO      PADRE LEDUC
EDUARDO  CONDE      WERNER
DIRA  PAES      KACHIRI
RUI  POLONAH      WANADI

Soggetto

ROSPO  PALLENBERG

Sceneggiatura

ROSPO  PALLENBERG

Fotografia

PHILIPPE  ROUSSELOT

Musiche

BRIAN  GASCOIGNE
JUNIOR  HOMRICH

Montaggio

IAN  CRAFFORD

Scenografia

SIMON  HOLLAND

Costumi

CHRISTEL KRUSE  BOORMAN
CLOVIS  BUENO

Trama

Mentre l'ingegnere americano Bill Markham visita con la famiglia il cantiere aperto nel cuore della foresta amazzonica in cui si sta costruendo una gigantesca diga, una tribù indigena (sono quelli del "popolo invisibile") gli rapisce il figlioletto Tommy. Passano invano dieci anni (le ricerche non sono mai cessate) e finalmente Bill, addentratosi nella foresta, ritrova miracolosamente il ragazzo, ormai diciottenne (e che gli salva la vita, poiché Bill è stato aggredito e gravemente ferito dagli indios di un'altra tribu'). Tommy ha sempre vissuto con i suoi rapitori, che lo hanno affettuosamente adottato e che lo amano molto. Ma colui che gli indios chiamano "Tomme" non torna a casa sua: ormai è un guerriero, parla la lingua del "popolo invisibile" e con questo vive benissimo, tanto più che si sposa con una graziosa fanciulla. Da sempre, tuttavia, la tribù è perseguitata da quella del "popolo feroce". Mentre Bill, curato a dovere, se ne torna al suo cantiere, i rivali degli "invisibili" attaccano il villaggio, momentaneamente sguarnito degli uomini, portandosi via le donne, destinate ad un bordello, gestito da uomini bianchi al di là della foresta, e ciò in cambio di armi automatiche e munizioni. Tommy allora si reca dal padre, chiedendo il suo aiuto. Con due o tre uomini chiamati al seguito, Bill si precipita insieme al figlio nel luogo malfmato, fa una sparatoria e riesce a far scappare la moglie di Tommy e le sue compagne. Gli "invisibili" sono ormai assai ridotti di numero, il loro capo (che è il padre adottivo di Tommy) è caduto durante gli scontri ed ora il giovanotto è il capo riconosciuto di una comunità di autoctoni - una delle tante - che dighe ed autostrade sterminano e respingono sempre più a monte nelle immense foreste dell'Amazzonia. Lasciato per sempre il figlio, Bill Markham decide di far saltare la diga ormai ultimata, causa ed origine di tanti lutti ed infelicità. Ma la "grande pioggia" invocata dagli indigeni con riti propiziatori, spazzerà via con la enorme barriera di cemento anche la violenza e la intrusione della "civiltà" dei bianchi.

Critica

"Boorman ha dedicato tre anni alla preparazione e alla produzione di questo film, girato con una troupe anglo-brasiliana e un direttore della fotografia francese, Philippe Rousselot ('Diva'). Il film possiede una suggestiva tessitura audiovisiva e una ingenuità che può offrire il fianco a parecchie riserve, a un'accusa di schematismo e persino, come è capitato a Cannes, all'irrisione. A noi sembra, invece, una qualità positiva, funzionale allo spirito del racconto e alle intenzioni dei suoi autori (mi riferisco anche a Rospo Pallenberg, fedele collaboratore di Boorman), duramente critiche verso la civiltà occidentale, rappresentata nei suoi connotati di dominio, violenza, sfruttamento, corruzione, civiltà che è contrapposta a una visione del mondo dove la natura e qualcosa da trasformare non in schiava ma in nutrice, con la quale convivere in rispettosa simbiosi. A questo tema centrale, già presente in altri film di Boorman (specialmente in 'Excalibur'), altri motivi s'aggregano: la ricerca, lo scontro e il confronto tra individuo civilizzato e ambiente selvaggio, il rapporto padre-figlio, la foresta come luogo dell'utopia stretto d'assedio. Qualche concessione agli stereotipi dello spettacolo esotico made in Usa è riscattata dalla ricchezza delle invenzioni, dall'alto virtuosismo di linguaggio, dalla capacità di dilatare o comprimere la dimensione temporale della narrazione." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 6 Dicembre 1985)

"Benché Boorman sia inglese, il film ha infatti lussi e ridicolaggini hollywoodiani soffre di nepotismo perché il regista ha chiamato a interpretarlo suo figlio, l'insulso biondino Charley Boorman (gli preferiamo Powers Boothe nella parte del padre), e troppo spesso coglie il pretesto per esibire signorine svestite. Ma non per ciò 'La foresta di smeraldo' è tutto da respingere. Mentre ai cinéphiles ricorda Sentieri selvaggi di Ford (col finale rovesciato), nel filone freccia contro bulldozer ha una sua efficace tenuta narrativa prende lo spunto da fatti veri (il rapimento del figlio di un ingegnere peruviano nel 1972), e quasi ci persuade, se dobbiamo vivere pericolosamente a imbarcarci per l'Amazzonia. Chissà non ci trovassimo davvero in un mondo più recondito e intenso di quello decrepito che, per voler tutto spiegare con la ragione, ci si disfa fra le dita." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 6 Dicembre 1985)

"La fantasia dilata ma, volendo, accorcia anche le distanze: ecco dunque ancora atmosfere iniziatiche, il significato dell'Universo; parossismo, il visionario, il naturale e il soprannaturale, l'allucinazione e la fredda ragione; mentre la cifra narrativa del marasma riesce a cogliere e a svelare segreti inviolabili; spingendo a riflessioni metafisiche e sociologiche. Senza intaccare, però, il senso dell'avventura che comunque è predominante sostenuto dalla sceneggiatura di Rospo Pallenberg (ex critico, nato ed educato in Italia) attente alle annotazioni di carattere folclorico in altalena con le esigenze dello spettacolo, e dalla musica di Junior Homrich, compositore pop-rockjazz. Il protagonista, ovviamente, è Tommy, cioè Charley Boorman, figlio del regista un belloccio che - tutto sommato - se la cava in un ruolo non sempre facile. Il padre è Powers Boothe. Con loro alcuni veterani della ribalta teatrale." ('Il Tempo', 31 Ottobre 1985)

< Pagina precedente


< Fai una nuova ricerca